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Alex Schwazer, sulla squalifica incombe l’ombra degli interessi economici

Quando, nel 2012, Alex Schwazer fu trovato positivo al doping. Ricordo con molta amarezza e tristezza la sua confessione pubblica, il suo pianto, vero e sincero. Devo dire la verità, da appassionato di corsa e da iscritto alla Fidal (Federazione italiana di atletica leggera) da diversi anni come maratoneta dilettante, non ebbi alcuna pietà e quelle lacrime non mi commossero minimamente, anzi mi fecero arrabbiare ancora di più. La squalifica fu comminata, giustamente, e lui, sommessamente, sparì dalla scena e incassò la pena, sopportandola fino alla fine, senza sconti. Quando, poi, riprese a gareggiare, lo sapeva benissimo che sarebbe stato super-iper-controllato e così è stato.

Una ventina di controlli in meno di sei mesi, tutti negativi. Poi, arriva quello ormai famoso dei primi di gennaio. Fatto in maniera scorretta, dato che era indicata la località di prelievo, prassi non prevista dalle regole internazionali. Il primo responso sul quel prelievo è negativo, poi salta fuori che viene ricontrollato e risulta positivo. Ahia, primo segnale di puzza strana. Ma la positività viene resa nota solo mesi dopo, solo dopo la vittoria di Alex alla marcia di Roma, dove, guarda caso, ha rotto i piani della nomenklatura dell’atletica, che non lo voleva vincitore. Ahia, secondo segnale di puzza stranissima, dato che ci sono anche intercettazioni di un commissario che, prima della gara, invitata Schwazer a non vincere la stessa. Lui invece la vince eccome!

I tempi sono stretti per una difesa, Alex viene messo alla gogna, umiliato, come non si farebbe nemmeno per il peggiore dei delinquenti veri. Data procrastinata all’infinito, sembra proprio per chiudere il tutto definitivamente.  Lui ha sempre professato la sua innocenza. Ovvio, si dirà, ma rammento che così non fece quando fu beccato nel 2012. Perché, dopo aver ammesso nel passato di essersi dopato e aver pagato per l’errore, ci sarebbe ricaduto? Ti viene da dire che è pazzo o scemo, dato che sapeva di essere supercontrollato, ma non è così, lui sta pagando per motivi più grandi di lui. Qualcuno ha voluto colpire il suo allenatore Donati, vero paladino della preparazione anti doping? Forse.

E che dire del fatto che ci sono di mezzo interessi economici e di potere che nulla hanno a che vedere con lo sport? Se una persona è dopata non può avere 18 controlli negativi e 1 positivo, leggermente alterato. O sono stati truccati gli altri 18 o è stato truccato l’altro. E, per la legge del buon senso e delle logiche probabilità, visto come è stata gestita la partita del campione positivo, appare evidente a tutti dove sia l’alterazione. Incredibile che chi crede davvero nello sport riesca ancora a credere in questi controlli. Per quel che mi riguarda, ed è ovviamente un’opinione del tutto personale, tutti gli atleti potrebbero essere dopati. E tutti gli atleti sono ricattabili, con questo sistema dei controlli che possono essere manipolati ad arte. O quantomeno mi rimarrà sempre un grande dubbio. Che grado di affidabilità si può dare a organismi del genere, che hanno medici sotto indagine e che, forse, nascondono per anni situazioni fuori norma?

Qui ci perde lo sport, non solo Alex Schwazer. E il dubbio che sia tutta una questione di affari e di contropartite è molto alto, troppo per la credibilità dello sport. In parole povere un vero e proprio schifo.