Ambiente & Veleni

Albiano, il paese della Lunigiana che da un anno protesta una volta a settimana: “Impianto tritarifiuti vicino alle case”

Secondo gli abitanti la ditta non può stare lì. L'iter per le autorizzazioni è stato complicato, ma alla fine da 534 metri cubi di rifiuti l'azienda è arrivata a trattarne 90mila metri cubi. Intanto la Procura apre un fascicolo (ma senza indagati)

Un impianto per la produzione di combustibile derivato da rifiuti triturati a una manciata di metri dalle case, in una zona dove il regolamento urbanistico concede a malapena i cassonetti della spazzatura. E il tutto con tanto di autorizzazione della Provincia che considera l’impianto un “miglioramento paesaggistico rispetto agli insediamenti circostanti”. È la vicenda della ditta Costa, ad Albiano Magra (Aulla), paesino su un colle della provincia di Massa Carrara che nel Medioevo faceva da caposaldo sulla via Francigena. Dall’apertura dell’impianto (a fine anni Novanta) gli abitanti non hanno mai messo di protestare. Nell’ultimo anno sono scesi in piazza una volta alla settimana: tamburi, maschere, carri allegorici per dire che una ditta che tratta i rifiuti lì non ci poteva stare.

Nel frattempo infatti era saltato fuori che l’impianto di produzione “di css” (combustibile solido secondario) non era a norma dal punto di vista edilizio, perché il regolamento urbanistico vietava – e ancora vieta – l’insediamento di attività insalubri in quella zona. Eppure, a dare l’ok alla realizzazione del progetto durante la conferenza provinciale dei rifiuti, nel 2003, furono proprio gli allora assessori comunali all’Ambiente e ai Lavori pubblici, Roberto Simoncini e Carlo Magrini; il primo entrato poi in società con lo stesso Mauro Costa (proprietario della ditta), anche se in tutt’altro settore. Sindaco di Aulla, invece, era l’attuale senatore verdiniano, Lucio Barani, capogruppo di Ala a Palazzo Madama. Una vicenda su cui adesso indaga anche la Procura anche se per il momento non risultano indagati. La ditta intanto continua a macinare rifiuti.

È il 1997 quando la Provincia autorizza l’impresa ad avviare un impianto di stoccaggio provvisorio di rifiuti non pericolosi. In sostanza quello doveva essere solo un deposito di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata prima di essere trasportati altrove. In totale l’impianto non poteva superare i 534 metri cubi di rifiuti. Nel 2001 – anno in cui scadeva l’autorizzazione – la Costa chiede di ampliare l’impianto e acquista, attraverso un procedimento di esproprio con il Comune di Aulla, l’area adiacente a quella già di proprietà. Poi presenta il progetto per la realizzazione di un impianto con “due linee per la selezione dei rifiuti e due linee per la produzione di cdr” (combustibile da rifiuto, che è il predecessore del “css” attuale). Si riunisce la conferenza provinciale dei rifiuti e Simoncini e Magrini danno il via. La Provincia, senza molte verifiche, approva. Presidente dell’ente è Osvaldo Angeli, ultimo segretario provinciale del Pci e oggi nel Pd.

L’anno seguente, però, il consiglio comunale approva una delibera con cui ritiene la determina dirigenziale della Provincia (quella con cui veniva approvato il progetto della Costa) non valido perché “non conforme dal punto di vista urbanistico” dal momento che l’impianto “sarebbe oggettivamente non compatibile in prossimità di una zona fortemente insediata ed urbanizzata”.

Ma questo non è bastato. L’impianto è stato realizzato. Sono passati 13 anni e i rifiuti trattati sono aumenti parecchio, superando i 90mila metri cubi (dai 534 iniziali). Nel frattempo ci sono stati due incendi nel capannone (nel 2007 e nel 2015) e centinaia di manifestazioni di protesta. Si scoprirà anche che l’azienda non ha né il permesso a costruire, né il certificato di agibilità, né tanto meno il progetto di collaudo statico. Arpat poi, durante un suo sopralluogo del 2015, ha rivelato che la ditta scarica le acque reflue nella fognatura pubblica senza autorizzazione. I miasmi e le polveri invadono il paese. Ma l’azienda continua a svolgere la sua attività indisturbata. “Il vero problema sono le polveri – commenta a Ilfattoquotidiano.it Walter Moretti, uno dei cittadini del comitato Uniti per Albiano – Gli odori si possono sopportare, ma il pensiero di respirare polveri malsane non fa dormire”. Ilfatto.it ha provato più volte a contattare la ditta, ricevendo sempre come risposta: “Ora non abbiamo tempo”.