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Marco Pantani, archiviata l’inchiesta bis sulla sua morte: “Non fu ucciso”

Il tribunale accoglie la richiesta della Procura: non ci sono elementi per sostenere che sia stato un omicidio volontario. La nuova inchiesta era nata dall’esposto presentato a luglio 2014 dalla famiglia del campione di Cesenatico

Il Pirata non fu ucciso. Archiviata anche l’inchiesta bis sulla morte di Marco Pantani, trovato senza vita il 14 febbraio 2004 nella stanza del residence Le Rose, a Rimini. Accogliendo la richiesta del procuratore Paolo Giovagnoli, il giudice ha concluso per l’assenza di piste da seguire per sostenere che sia stato un omicidio volontario. La nuova inchiesta era nata dall’esposto presentato a luglio 2014 dalla famiglia del campione di Cesenatico.

Le questioni sollevate con l’esposto della famiglia Pantani, “più che a indicare indagini suppletive utili a scoprire elementi di un delitto non indagato, tendevano essenzialmente a far dubitare della correttezza e adeguatezza delle indagini del 2004 e a far ritenere falsi i suoi risultati”, ha scritto Giovagnoli, sostenendo che l’obiettivo della famiglia sarebbe quello di “cercare di cancellare l’immagine del campione depresso vittima della tossicodipendenza e dell’utilizzo di psicofarmaci“. La verità giudiziaria, dunque, vuole che il campione morì da solo in una stanza del residence, chiusa dall’interno. Per colpa degli psicofarmaci, più probabilmente per una condotta suicida, che per un’overdose accidentale. Esclusa, comunque, l’ipotesi che qualcuno lo abbia costretto ad assumere i medicinali responsabili della sua morte.

La madre del ciclista, attraverso l’avvocato Antonio De Rensis, aveva sollevato una serie di dubbi e non si era arresa di fronte alla richiesta di archiviazione. Nell’opporsi, il legale della famiglia aveva domandato di approfondire la questione dei metaboliti nel sangue di Pantani, ma anche di interrogare alcuni personaggi mai sentiti dagli investigatori. Dubbi che la Procura prima e il gip poi hanno analizzato e ritenuto insufficienti per indagare altre persone.

Nel 2014 la riapertura del caso. La perizia medico legale eseguita per conto della famiglia evidenziò numerose ferite sul corpo. L’avvocato dei Pantani ricostruì una scenario nuovo di quel 14 febbraio 2004. Il campione romagnolo avrebbe aperto la porta al suo assassino (o assassini), che dopo una lite gli avrebbe fatto bere cocaina disciolta in acqua.