Società

Vini, giugno 2016 e Barbaresco 2013: il matrimonio perfetto

Non sono stato tra gli eletti degni di invito a Nebbiolo Prima, i cinque giorni di maggio in cui vengono presentate le nuove annate del miglior vitigno italiano, ma, dai primi sporadici assaggi, fatti personalmente, e dalle tante dritte ricevute, pare proprio che il Barolo sconti un’annata (la 2012) molto complicata, mentre il Barbaresco (di cui sta uscendo la 2013) sia in una forma pazzesca. Annata anomala, giocata molto sulla sapidità e la bevibilità, piuttosto che sulla concentrazione. Poco frutto e tante durezze, per vini eleganti e piuttosto scarichi, che mi hanno fatto pensare all’Alto Piemonte, dove, tra Lessona, Gattinara, Boca, Ghemme e Bramaterra, ci si imbatte molto più facilmente in rossi austeri e salmastri, campioni indiscussi a tavola.

Il giugno barbarescocentrico è stato aiutato da qualche oste illuminato e dalla più alta concentrazione di temporali pomeridiani che io ricordi, ma anche, appunto, da vini golosi, che non fanno pensare necessariamente allo stracotto e al camino. Tra la manciata di produttori assaggiati sinora, due non fanno prigionieri:

 Barbaresco Rabaja 2013Giuseppe Cortese

La mia idea di vino rosso: complesso, elegante, dalla beva trascinante. Naso di frutta rossa non molto matura e spezie, richiami agrumati. In bocca scalcia che è una bellezza, ha un’acidità dirompente e un salinità strepitosa, ma regolata da un corpo ricco. Finale lungo, potente e compiuto. Tra i migliori Barbaresco giovani che abbia mai provato. Da comprarne in abbondanza e provarne uno ogni anno. Mangiateci quello che vi pare, bevetelo da solo, anche a colazione, male non fa.

Barbaresco 2013Castello di Neive
Meno scarico di altri 2013, ha più frutto e dei toni lievemente affumicati e salmastri. In bocca è meno pronto del Cortese, ha qualche leggera contrazione iniziale, data dallo smaltimento del legno, ma il tannino è già maturo. Dopo un paio di minuti il vino esplode letteralmente e le beva si fa compulsiva: sapido e vibrante, ha grande lunghezza e una chiusura praticamente perfetta. Impossibile non riversarsene un altro calice. Sulla sua longevità potete scommetterci varie falangi, anche se parliamo del “base” di una cantina più nota per il Barbaresco Santo Stefano e per la riserva.