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Brexit, un atto di auto-sabotaggio

Per chi come la sottoscritta fa parte della “generazione 1989″, una generazione di giovani gasati dalla fine del comunismo, dalla caduta del muro, sicuri che la nostra missione politica fosse prendere un biglietto per andare in qualche altro stato europeo e mostrare con la nostra vita, i nostri figli misti, i nostri diplomi insicuri, i nostri accenti assurdamente locali, che l’Europa è un grande ideale, un grande paese, una grande cultura…. Beh, per tutti noi, il 23 giugno, con la vittoria della Brexit, è stata una giornata di lutto.

Eppure non cambierà granché. I britannici, inglesi, gallesi, scozzesi e altro ancora, erano già in parte fuori dall’Europa, con la loro sterlina, i loro controlli infiniti alle frontiere, le loro stranezze automobilistiche di cui vanno così fieri….Eravamo abituati già al fatto che andare in Gran Bretagna fosse andare in un altro mondo, e non bastava l’Eurostar per farci sentire più vicini.

E per chi, come me, passa settimane a lavorare alla Commissione europea per fare funzionare l’Europa della ricerca, dell’innovazione del “singular market’, questo si chiama un atto di auto-sabotaggio. La Gran Bretagna diventa un “partner extra-comunitario” al pari della Svizzera o di Israele nei trattati di cooperazione economica e scientifica europea, il che implica la rinegoziazione di migliaia di contratti con l’Europa, la fine di un intero sistema semi-automatico di finanziamenti europei per loro e l’inizio della riscrittura di un corpus immane di leggi e contratti internazionali per ricominciare ad avere a che fare con il resto del mondo.

I mercati intanto precipitano, la sterlina è annientata. Se qualcuno cerca ancora spiegazioni dell’azione politica nell’individuo razionale e interessato è meglio che lasci la cattedra e vada a raccogliere patate. I cittadini hanno agito per passione, passione negativa, paura, difesa, terrore del diverso, terrore di perdere lo zoccolo duro della propria identità sotto il quale nessuna cultura può permettersi di andare senza perdersi.

L’Europa ha sbagliato perché non si può vendere un ideale senza far comprendere a nessuno quale sia il vantaggio di quell’ideale. E la Gran Bretagna ha chiaramente sbagliato perché si suicida per pura ignoranza e puntiglio su posizioni insostenibili.

Il problema è che lo sbaglio britannico può influenzare molti altri sbagli europei. Siamo a un anno dalle elezioni francesi, mentre Parigi brucia, i sindacati impazzano, il partito socialista è destinato a scomparire e Marine Le Pen preme per far uscire la Francia dall’Europa e ritrovarsi tutti in Dordogna o giù di lì a sgranocchiare andouillettes con un buon vin de pays e una baguette.

Ma anche questo non è un problema di coscienza individuale, ma un problema strutturale. Le democrazie maggioritarie che caratterizzano le tardo-democrazie liberali tendono a esacerbare i contrasti e a creare un agone artificiale intorno a ogni decisione politica: sei con noi o contro di noi? Questo è un effetto strutturale: essere con noi è essere con le strutture locali ed essere “contro” significa comprendere le sfide politiche della globalizzazione, fare parte di un’opinione pubblica globale che può criticare le politiche locali senza appartenervi innervosendo lo sciovinismo di qualsiasi amministratore di provincia.

Il problema è che l’odio localista che queste dinamiche producono è veramente difficile da condividere, pur con tutti i buoni sentimenti democratici in cui siamo cresciuti. Non è un popolo, una plebe che si innalza contro il potere abusivo di una classe dominante. Non è il proletariato di Marx, che tra l’altro nella sua essenza doveva essere internazionale. E’ un vicino piccolo  borghese che difende il suo orribile giardinetto cancellato. Che odia le città cosmopolite. Che odia quelli che hanno una faccia, un odore, un accento diverso da quello di sua cugina.

La tristezza più grande per me, dopo la vittoria del ‘Leave’, non era solo che l’Europa avesse perso. E’ che la democrazia e il sollevamento delle classi popolari hanno perso. Perché si sollevano per delle cause sbagliate. O cretine. “Una risata vi seppellirà”, lo slogan di Bakunin ci faceva sognare. Una “cagata vi seppellirà”, lo slogan delle nuove masse guidate dai leader della tivù ci fa…..