Scienza

Onde gravitazionali, catturato nuovo segnale emesso da fusione tra buchi neri. “Abbiamo iniziato a studiare l’invisibile”

Fulvio Ricci, il fisico dell’Infn e della Sapienza Università di Roma alla guida di Virgo: "È la conferma che aspettavamo. L’astronomia gravitazionale è realmente iniziata". Ma gli scienziati non si accontentano di questi storici risultati. Stanno già guardando oltre, al di fuori dell’atmosfera terrestre

Per cento anni gli scienziati hanno dato loro la caccia. Senza riuscire ad acciuffarle. Adesso, a pochi mesi di distanza, eccone due, una dietro l’altra. Dopo la scoperta che lo scorso 11 febbraio 2016 ha fatto il giro del mondo, una seconda onda gravitazionale, tra le numerose che come una risacca marina stirano e accorciano la Terra, il giorno di S. Stefano del 2015 ha fatto oscillare in maniera quasi impercettibile gli specchi delle sofisticate orecchie che i fisici hanno costruito per ascoltarle, gli interferometri laser. Un inatteso regalo di Natale per gli scienziati.

La scoperta, accettata per la pubblicazione dalla rivista Physical Review Letters, è stata annunciata in una conferenza stampa congiunta al meeting dell’American astronomical society di San Diego dai fisici delle collaborazioni internazionali Ligo (Laser interferometer gravitational-wave observatory) e Virgo, cui l’Italia partecipa con l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).

Pensando al celebre volto di Albert Einstein, con i capelli arruffati e la linguaccia, ci si chiede quale sarebbe oggi la sua reazione alla notizia che una delle sue previsioni più ardite si è dimostrata azzeccata. Il padre della Relatività Generale non poteva immaginare che, proprio mentre formulava le sue equazioni e metteva in discussione i suoi stessi calcoli sull’esistenza di minuscole increspature nel tessuto elastico dello spazio-tempo, le onde gravitazionali che di lì a un secolo avrebbero fatto oscillare i bracci dei due esperimenti gemelli Ligo negli Usa, erano già in viaggio. Alla velocità della luce. Da quasi 1,5 miliardi di anni, emesse quando sulla Terra si stavano ancora formando le prime cellule evolute.

A generare le oscillazioni la fusione di due buchi neri
Anche in questo secondo evento, come per la prima onda, a generare le oscillazioni dello spazio-tempo, 1,4 miliardi di anni fa, è stata la fusione di due buchi neri. Due giganti con una massa pari a 8 e 14 volte quella del Sole, che si sono stretti in un abbraccio fatale, fino a dar forma a un mostro cosmico di 21 masse solari. “Questo secondo evento – spiega Fulvio Ricci, il fisico dell’Infn e della Sapienza Università di Roma alla guida di Virgo – ha caratteristiche sensibilmente diverse dal primo. È stato, infatti, generato da buchi neri più leggeri di quelli del precedente segnale. Inoltre, stavolta siamo stati in grado di seguirne l’evoluzione per più tempo. In sostanza – aggiunge lo studioso -, stiamo intravedendo l’esistenza di un’intera popolazione di buchi neri, le cui caratteristiche saranno ben presto svelate nelle prossime fasi di presa dati degli interferometri avanzati”. 

“Aperto un nuovo campo dell’astronomia”
Il fenomeno è stato estremamente violento
. In pochi secondi si è sprigionata, sottoforma di onde gravitazionali, una quantità di energia pari all’intera massa del Sole. “La prima scoperta di un’onda gravitazionale, annunciata a febbraio, è stata una pietra miliare nella fisica. Questa seconda rivelazione – si legge in un comunicato congiunto degli scienziati di Ligo e Virgo, l’esperimento che fa capo allo European gravitational observatory (Ego) e conta circa 250 fisici e ingegneri, la metà dei quali dell’Infn – prova che è stato aperto un nuovo campo nell’astronomia per lo studio dei buchi neri, corpi così densi che né la luce né la materia riescono a sfuggirvi. Si tratta della conferma che questi cataclismi sono fenomeni relativamente frequenti, ed è quindi probabile – sottolineano gli autori della scoperta – l’osservazione di altri eventi simili già a partire dall’autunno del 2016”.

È l’alba della cosiddetta astronomia gravitazionale. D’ora in avanti la nostra visione del cosmo non sarà più la stessa. Abbiamo iniziato a studiare l’universo in un modo completamente nuovo. Come quando Galileo Galilei, più di quattro secoli fa, puntò per la prima volta verso il cielo il suo cannocchiale. Di onda in onda, gli studiosi stanno aggiungendo il sonoro al film dell’universo, finora muto. Si sono messi in ascolto con un sesto senso, nuovo di zecca, per “studiare l’invisibile”, come ama ripetere Fulvio Ricci. “È la conferma che aspettavamo. L’astronomia gravitazionale è realmente iniziata”, commenta entusiasta Ricci, dopo aver dato insieme ai colleghi Usa l’annuncio della cattura di un secondo sussurro cosmico. Le onde gravitazionali sono, infatti, debolissime, pur essendo molto comuni nel cosmo. Persino il nostro corpo le produce, muovendosi. E, al tempo stesso, è deformato dal loro passaggio. Anche se troppo poco perché ciascuno di noi possa accorgersene.

Così gli interferometri laser hanno catturato le vibrazioni
Per catturare queste vibrazioni cosmiche i fisici hanno, quindi, ideato delle sofisticate antenne: gli interferometri laser. Enormi bracci perpendicolari lunghi tre o quattro chilometri, in cui viaggiano raggi laser riflessi avanti e indietro da grandi specchi, appesi come pendoli per attenuare ogni minimo rumore. Queste antenne, come Virgo, a Càscina, nella campagna pisana, sono sensibilissime. Sono, infatti, capaci di misurare vibrazioni generate dal passaggio di un’onda impercettibili, un miliardo di volte più piccole del diametro di un atomo d’idrogeno. Ma proprio per la loro estrema sensibilità, possono essere disturbate anche dal rumore di una foglia che cade, o dallo sciabordio delle acque sulla costa a chilometri di distanza. Catturare un’onda gravitazionale in mezzo a questo frastuono, dove ogni minimo rumore rappresenta una possibile interferenza è, quindi, un’impresa ardua. Estrema. Come ascoltare distintamente la voce di un singolo tifoso in uno stadio affollato di spettatori, durante la finale dei campionati Europei di calcio. Una ricerca che ha richiesto milioni di ore di analisi dati con l’aiuto di potenti computer. E che alla fine è stata premiata con un doppio successo. Ecco spiegato l’entusiasmo dei fisici di Ligo e Virgo in queste ore.

Gli scienziati vanno già oltre con il programma di 3 satelliti
Ma gli scienziati non si accontentano di questi storici risultati. Stanno già guardando oltre. E al di fuori dell’atmosfera terrestre. Il futuro dell’astronomia gravitazionale non si limiterà, infatti, al solo studio delle onde predette da Einstein dal nostro Pianeta, ma anche dallo spazio. Al network di antenne gravitazionali terrestri nei prossimi decenni dovrebbe, infatti, aggiungersene un’altra: l’osservatorio spaziale “evolved Laser interferometer space antenna” (eLisa), della European space agency (Esa). Un sistema di tre satelliti, distanti un milione di chilometri l’uno dall’altro, in orbita intorno al Sole a 50 milioni di chilometri sopra le nostre teste, circa un terzo della distanza Terra-Sole.

Nei giorni scorsi sono stati pubblicati, su Physical Review Letters, i primi risultati della missione Lisa Pathfinder, alla quale l’Italia contribuisce con l’Agenzia spaziale italiana (Asi), l’Infn e l’Università di Trento. Lanciata lo scorso dicembre, la missione nasce per testare la fattibilità di un osservatorio spaziale per l’ascolto dei messaggi provenienti dall’universo remoto, sotto forma di onde gravitazionali. Ebbene, gli scienziati dell’Esa hanno annunciato che Lisa Pathfinder ha superato a pieni voti l’esame. Il successo di questo test spalanca adesso la strada alla realizzazione della prima antenna spaziale per l’ascolto delle onde gravitazionali, che l’Esa ha in programma di realizzare a partire dal 2028.

Il paper su Physic Review Letters