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Siracusa, “truccata la gara per asili nido”. Indagati due politici Pd. Crocetta: “Uno lo avevano proposto come assessore”

Nell'inchiesta coinvolti Giovanni Cafeo e Alfredo Foti, rispettivamente ex capo di gabinetto del sindaco Garozzo e assessore ai Lavori pubblici. E così si accende lo scontro tra il governatore e i renziani: "Il nome di Cafeo mi è stato segnalato per ben due volte da Faraone e poi da Garozzo". Gli altri rispondono: "Penoso, sono menzogne"

Asili nido appaltati in modo irregolare a Siracusa. L’aggiudicazione del bando di gara è finita nel mirino dei pm, che hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini a Giovanni Cafeo e Alfredo Foti, rispettivamente ex capo di gabinetto del sindaco di Siracusa Giancarlo Garozzo e componente della segreteria regionale del Pd, e assessore ai Lavori pubblici. L’accusa è turbativa d’asta. Secondo gli inquirenti, i due politici “turbavano la gara per in modo da determinarne l’esito”, facendo in modo che ad aggiudicarsela fosse il consorzio Solco. Cafeo è indagato anche per traffico di influenze illecite per aver sfruttato le proprie relazioni con il sindaco e con il dirigente dei Servizi sociali per ottenere dagli aggiudicatari della gara sia una percentuale in denaro sia l’assunzione di persone.

“Prendo atto del procedimento a mio carico e mi dichiaro estraneo a qualsiasi attività illecita. Confido che la magistratura faccia chiarezza quanto prima”, sostiene Foti. A difendere l’operato del suo assessore e del suo ex capo di gabinetto in Comune il sindaco Garozzo: “L’appalto per la gestione degli asili nido era un atto necessario, già annunciato nel corso della campagna elettorale”, osserva. “Bisognava spezzare il sistema degli accrediti e delle proroghe – spiega – che andava avanti da quasi vent’anni. Un cambio di passo che stiamo tentando di imprime a tutto il settore delle politiche sociali”. E conclude: “Gli avvisi di garanzia mi colgono di sorpresa. Quando saranno più definiti i contorni del’indagine sapremo su quali elementi si basano le accuse della Procura, ma l’augurio è che Alfredo Foti e Giovanni Cafeo possano dimostrare la loro estraneità ai fatti contestati”.

Ma a far rumore è la polemica fra Rosario Crocetta e i renziani del Partito Democratico siciliano, da tempo di fatto all’opposizione del governo del presidente della Regione Sicilia. Per due volte Cafeo – che al segretario regionale del Pd Fausto Raciti ha espresso la disponibilità a sospendersi fino a quando non sarà fatta chiarezza – fu a un passo dall’ingresso nel governo Crocetta. Due tentativi andati a vuoto, però. Alla luce delle indagini, ora Crocetta sostiene che fu proprio lui a opporsi al suo nome. “Se non avessi tenuto la barra dritta questo governo sarebbe caduto da tempo”, dice. “Mi opposi in modo durissimo – prosegue – La prima volta durante la formazione del governo bis: in quell’occasione fu Davide Faraone (l’uomo di Renzi in Sicilia e sottosegretario all’Istruzione, ndr) a farmi il nome di Cafeo per bilanciare la presenza in giunta di un altro siracusano, ma siccome sapevo dei legami di parentela che aveva con la famiglia Foti, puntai i piedi. Cafeo mi fu riproposto per la seconda volta durante le trattative per il terzo governo, questa volta a farmi il suo nome fu Giancarlo Garozzo, delegato da Faraone alle trattative. Non cedetti nemmeno allora. Il vero rottamatore in Sicilia sono stato io”, conclude Crocetta.

Parole respinte al mittente dal sindaco di Siracusa. Che nega qualsiasi pressione sul governatore per far entrare Cafeo fra i suoi assessori: “Davvero penoso il presidente di una grande regione come la Sicilia costretto a raccontare bugie per darsi la credibilità persa con gli atti compiuti in questi anni”, replica. “Né io né l’onorevole Faraone abbiamo mai proposto Cafeo per un posto di assessore regionale. È un’affermazione palesemente falsa, ma siamo ormai da tempo abituati a vedere un presidente, che dovrebbe rappresentare una delle più grandi regioni italiane, strumentalizzare indagini che non lo riguardano, né direttamente né indirettamente, per vestire i panni del moralizzatore”. Secco anche il commento del presidente del Pd siciliano Giuseppe Bruno: “Le parole di Crocetta puzzano di menzogna e sciacallaggio“.

Ma Crocetta non ci sta e minaccia di pubblicare una mail che proverebbe le pressioni denunciate: “Alla vigilia del rimpasto, Garozzo mi inviò una mail, che io conservo ancora, con il curriculum del suo capo di gabinetto Giovanni Cafeo”. Il governatore ironizza: “Che voleva Garozzo con quella mail? Farmi conoscere quanto era bravo il suo capo di gabinetto? Solo che io gli feci notare che quell’invio della mail era inutile“.

(nella foto, da sinistra, Giovanni Cafeo, Rosario Crocetta e Giancarlo Garozzo)