Ambiente & Veleni

Taranto, la Asl: “Ridurre l’inquinamento non basta, picco di tumori impossibile da calcolare”

L’aggiornamento dei dati del locale Registro Tumori, pubblicati poche ore fa dall’Azienda sanitaria locale, conferma sostanzialmente che il danno causato dal disastro ambientale e sanitario nel tarantino è già fatto e che se ne pagheranno le conseguenze ancora per anni. Ad aggravare la situazione, anche un sistema sanitario carente; “L’assistenza – dice la coordinatrice – va decisamente migliorata"

“Indipendentemente dall’eventuale riduzione dell’esposizione all’inquinamento ambientale risulterà evidente ancora per molti anni l’eccesso delle patologie oncologiche nell’area a rischio”. È quanto riportato nell’aggiornamento dei dati del Registro Tumori di Taranto, pubblicati poche ore fa dall’Asl ionica, che conferma sostanzialmente che il danno causato dal disastro ambientale e sanitario nel tarantino è già fatto. I tarantini, cioè, stanno pagando e pagheranno ancora per i veleni che per oltre 50 anni l’industria siderurgica, prima di Stato e poi privata, ha riversato nella loro vita. Come spiega la dottoressa Antonia Mincuzzi, coordinatrice del Registro Tumori Asl di Taranto, “calcolare quando sia avrà il picco del numero dei malati è impossibile. Si tratta di patologie con una latenza varia, i cui fattori scatenanti sono diversi per ciascuna”. I dati aggiornati fanno riferimento agli anni 2009-2011 e parlano chiaro. Nel territorio della provincia di Taranto per alcune patologie ci si ammala molto più che nel resto d’Italia e del mezzogiorno. Come si legge nel report “si evidenziano tassi standardizzati più elevati in provincia di Taranto rispetto al pool nazionale e al pool sud per mesotelioma, carcinoma epatico, vescicale e polmonare nel sesso maschile a conferma della probabile responsabilità di esposizioni professionali”.

“Il numero di casi di mesotelioma riscontrati è tra i più alti d’Italia”, spiega a ilfattoquotidiano.it la dottoressa Mincuzzi: 99 gli uomini, 22 le donne che hanno contratto questa malattia, nella provincia di Taranto, nel periodo preso in esame. Un tasso quindi di quasi 6 uomini ogni 100mila e di 1,2 donne ogni 100mila: un dato considerato particolarmente elevato rispetto al tasso europeo di 4,3 nel sesso maschile e di 0,8 in quello femminile. I dati, però, appaiono ancora più preoccupanti se si prendono in considerazione gli operai dell’Ilva: secondo quanto affermato dalla dirigente dell’Arpa Puglia Lucia Bisceglia nel corso del processo che ha condannato in primo grado 27 ex dirigenti della fabbrica per la morte di 28 ex operai, i lavoratori del siderurgico “rischiano di morire per mesotelioma pleurico più del doppio rispetto alla media pugliese”.

I casi di tumore riscontrati nella provincia di Taranto negli anni 2009-2011 sono oltre 18mila. Per quanto riguarda la popolazione maschile, più colpita rispetto alle donne, il tumore più frequente è quello del polmone e dei bronchi (16,8 %), della prostata (16,2 %), della vescica (13,2 %), del colon e del retto (11,4 %). Come si legge nel report “si evidenziano tassi standardizzati più elevati in provincia di Taranto rispetto al pool nazionale e al pool sud per mesotelioma, carcinoma epatico, vescicale e polmonare nel sesso maschile a conferma della probabile responsabilità di esposizioni professionali”. Insomma gli uomini si ammalano al lavoro. Mentre il tumore della mammella è la tipologia più frequente tra tutti i casi di tumore individuati nella popolazione femminile: il 29,6 per cento dei tumori nelle donne, quindi, colpisce la mammella.

Ad aggravare questa situazione, anche un sistema sanitario carente. “L’assistenza – racconta la dottoressa Mincuzzi – va decisamente migliorata. Manca un reparto di chirurgia toracica. Da poco tempo abbiamo un primario che effettua interventi di chirurgia toracica, prima bisognava recarsi altrove anche per l’asportazione di un piccolo nodulo. E’ un passo in avanti, ma non basta. Così come vanno potenziati gli screening per la diagnosi del tumore alla mammella”. Il report, che sarà aggiornato nei prossimi mesi con i dati sulla sopravvivenza, conferma il quadro precedentemente disegnato dal Registro Tumori 2006-2008. Anche il periodo 2009-2011 è pieno di “record negativi”. I dati provinciali, si legge nel documento, presentano tassi più elevati rispetto al tasso del Meridione anche nei casi di “carcinoma di fegato, rene, linfoma non Hodgkin, prostata e stomaco nei maschi, mammella nelle donne, colon, melanoma, tiroide, encefalo in entrambi i sessi”. Le aree più colpite della provincia ionica restano ancora i comuni di Taranto e Statte, cioè quelli più vicini allo stabilimento siderurgico: è qui, afferma il report, che risulta necessario “porre particolare attenzione in termini di assistenza e sorveglianza ai residenti nell’area a rischio ambientale”. Un’attenzione che da tempo viene sbandierata, ma che a distanza di quattro dall’esplosione della vicenda Ilva e del disastro ambientale e sanitario del capoluogo ionico stenta ancora a dare i suoi frutti.