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Riforme, ex premier Dini vs Gori (Pd): “Parlamento di nominati, democrazia indebolita”. “Falsità”

Disputa verbale fibrillante tra l’ex presidente del Consiglio, Lamberto Dini, e il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori (Pd), durante Fuori Onda, su La7. Tema della polemica: il referendum sulla riforma costituzionale e la personalizzazione dello scontro referendario da parte di Renzi, dettaglio sul quale Dini è molto critico. Gori difende il premier e loda diversi passaggi della riforma costituzionale, ma Dini non concorda: “Lei dice che finalmente avremo governi più stabili. Ma a che prezzo? Indebolendo gravemente il nostro sistema democratico. E non lo penso solo io, ma anche Zagrebelsky, che non dice certamente sciocchezze, nonché costituzionalisti e professori stranieri. Abbiamo un Parlamento fatto largamente di nominati, che non rispondono al popolo“. Il sindaco di Bergamo smentisce e precisa che ci saranno le preferenze. “Le preferenze non c’entrano” – sbotta Dini – “Ci saranno 100 capilista nominati e chi avrà il premio di maggioranza ne nominerà altri 100. A chi rispondono, se non a chi li ha nominati? Quindi, al presidente del Consiglio, non al popolo. Avremo un Parlamento debole, che non sarà più il contrappeso all’esecutivo. E non ci sarà contrappeso neppure nel governo, perché, anche guardando questo esecutivo, i ministri sono sudditi, le decisioni si prendono in tv e non in Consiglio dei ministri. Queste riforme poi” – continua – “andavano approvate da un’Assemblea Costituente. Renzi all’inizio aveva detto che le regole andavano scritte tutte insieme e invece quella riforma è stata votata a maggioranza e talvolta a colpi di voti di fiducia. Non si fanno così le riforme costituzionali”. “Si dicono delle falsità“, ribatte Gori. La polemica verte poi sul risparmio conseguente alla riforma e Gori sottolinea: “Qua abbiamo una riforma che va verso la stabilità del Paese e che non chiamerei “riforma Renzi”, ma “riforma Napolitano”“. Battuta del sociologo Marco Revelli, ospite in studio: “Peggio ancora. Abbia pazienza, ma se la riforma è fatta dal presidente della Repubblica, siamo alla negazione del costituzionalismo