Società

“Ero economista in Francia, ma sono tornato per amore della cucina italiana. E ora nei miei dj-set parlo di cibo”

Daniele De Michele, in arte Don Pasta, dopo dieci anni all'estero è rientrato in Italia. Entra nelle cucine di paesi piccoli e dimenticati e pubblica online videoricette che mescolano dialetti e prodotti tipici. E dal 2003 ha avviato le sue performance "in cui cucino, metto musica e intanto si parla di cibo"

Folgorato sulla via della parmigiana di melanzane, Daniele De Michele, in arte Don Pasta, ha mollato una carriera da economista in Francia per tornare in Italia, spinto da un’idea folle e coraggiosa: riscoprire i sapori della nostra cucina tradizionale. Una battaglia politica, la definisce lui, a suon di strutto e ricotta.

“Dopo la laurea in economia a Roma ho cominciato a lavorare per una società, ma non mi piaceva. Così sono partito alla volta di Tolosa per un dottorato sullo sviluppo nei paesi rurali”, racconta a ilfattoquotidiano.it. Nel frattempo, però, portava avanti le sue più grandi passioni, la musica e la cucina: “Faccio il dj da quando ho 16 anni – ricorda -, mentre il piacere della tavola l’ho scoperto negli anni dell’università”. Da buon salentino, infatti, non aveva intenzione di rinunciare ai sapori della Puglia: “La più grande ispirazione è la cucina di mia nonna, ma con gli anni ho imparato a mettere nei miei piatti le culture più diverse”, ammette.

“La più grande ispirazione è la cucina di mia nonna, ma con gli anni ho imparato a mettere nei miei piatti le culture più diverse”

La svolta porta il suo nome d’arte, Don Pasta: “E’ un progetto che ho avviato nel 2003 – spiega –, sono delle performance in cui cucino, metto musica e intanto si parla di cibo”. L’obiettivo è ben chiaro: “Voglio rompere il muro tra me e il pubblico e dimostrare che tutti possiamo essere chef”. Grazie al web e del passaparola, il gioco si è trasformato in una cosa seria: “Quando ho capito che il progetto cominciava a camminare sulle sue gambe ho lasciato la ricerca accademica – ricorda -, ma è avvenuto tutto in maniera naturale”.

Così, dopo dieci anni in Francia, è tornato per intraprendere un viaggio alla scoperta del gusto nostrano, percorrendo l’Italia da nord a sud. Non senza difficoltà: “Fare un lavoro sulla memoria paga meno di fare un lavoro superficiale – ammette –, inoltre è un’esperienza che richiede tempo e fatica, bisogna tenere duro e avere una tenacia drammatica”. Quello con l’Italia rurale, però, è stato un colpo di fulmine: “Dietro tutte le persone che ho incontrato c’è una testa pensante – sottolinea -, loro hanno capito le criticità del capitalismo ben prima della classe intellettuale contemporanea”.

“Dobbiamo combattere questa modernità che professa il taglio alla julienne e la riduzione dello scalogno”

Nel corso dei suoi viaggi Daniele entra in punta di piedi nelle cucine di nonni e zii di tutta Italia, che spesso abitano in paesi piccoli e dimenticati. Il risultato di questo lavoro sono delle videoricette che mescolano dialetti e prodotti tipici e che poco hanno a che fare con i prodotti che passano sugli schermi televisivi: “La maggior parte degli show non sono altro che manifestazioni di prodigi tecnici, sono lontani anni luce dalle nostre nonne”, sottolinea. La parola ‘battaglia’ ricorre spesso nei suoi discorsi: “Dobbiamo combattere questa modernità che professa il taglio alla julienne e la riduzione dello scalogno”. E chi meglio degli anziani per farlo?: “La lezione più profonda che ho imparato in questi anni è che per godersi la cucina bastano tre ingredienti”, racconta.

Nel frattempo ha lanciato anche il progetto Artusi Remix, una raccolta online di ricette che racconta un pezzo di storia italiana: “I media non si prendono cura della tradizione italiana, così ho deciso di creare un archivio online, che tutti possono consultare”, spiega. E qui c’è lo zampino dei più giovani: “Avevo paura che l’iniziativa fosse troppo ambiziosa, invece tantissimi nipoti mi hanno mandato le ricette dei nonni tramite Facebook – ammette –. Questo dimostra che i ragazzi non vogliono tagliare i ponti con il passato”. Soprattutto quando si parla di cibo: “Tra un surgelato e fagioli e scarola, il surgelato perde sempre”.

“Tra un surgelato e fagioli e scarola, il surgelato perde sempre”

Ma è al sud che Daniele ha trovato il suo tesoro: “In questi anni ho notato che nelle zone ricche si è più smemorati, il benessere ha creato una sorta di pudore verso il mondo contadino – ammette -, mentre quando arrivi in Campania ti accorgi che c’è una verbalizzazione del sapere, c’è il piacere di tramandare le tradizioni”.

Due libri già pubblicati (La parmigiana e la rivoluzione. Elogio della frittura e altre pratiche militanti e Artusi Remix) e molti sogni realizzati in questi anni. Ma sono i progetti in arrivo quelli che più interessano a Daniele: “Sto lavorando a un film che è il racconto di questo viaggio tra nonnine, pescatori e contadini – spiega -, un archivio della cucina popolare italiana. Ora però bisogna cercare i fondi”. Battaglie a parte, dieci anni sono un tempo giusto per fare bilanci. E allora, ne è valsa la pena? “Assolutamente sì, non avrei potuto fare altrimenti, ero drogato di questa scelta. E al di là dei frutti raccolti questo pezzo di vita mi è servito per capire da che parte voglio stare”.