Giustizia & Impunità

Brescia, procuratore capo chiamato a testimoniare. Da ex indagato

Il cortocircuito giudiziario al processo sui presunti abusi alla comunità Shalom. Tommaso Buonanno era stato coinvolto in un'inchiesta collegata quando guidava la Procura di Lecco, e archiviato prima del trasferimento al nuovo ufficio. Ora le difese vogliono sentirlo in aula. Il caso del fascicolo pieno di omissis

È il processo più delicato che si sta celebrando a Brescia. In cui il rischio è di veder comparire in aula il procuratore capo, Tommaso Buonanno (nella foto), come testimone della difesa in un procedimento portato avanti da due suoi sostituti procuratori. Il contesto è quello delle indagini sulla comunità di recupero Shalom di Palazzolo sull’Oglio, la più grande del nord Italia, di cui 42 responsabili e operatori sono imputati di maltrattamenti e sequestro di persona nei confronti di 35 ospiti. Ma sul processo Shalom si allunga anche l’ombra di un conflitto tutto interno alla giustizia, che dalle aule del tribunale minaccia di risalire alla Procura di Brescia.

Il primo cortocircuito giudiziario risale al 2013, quando in un procedimento collegato sulla comunità, condotto dai pm bresciani, tra gli indagati figurava anche l’attuale procuratore capo di Brescia, Tommaso Buonanno. Ilfattoquotidiano.it è in grado di confermare che il magistrato Buonanno, allora procuratore capo di Lecco, era indagato dalla Procura di Brescia per sequestro di persona in concorso con un avvocato bresciano, ai danni di uno dei figli “ospite” della comunità di recupero Shalom. I carabinieri di Bergamo avevano raccolto la testimonianza del figlio del magistrato, fuggito dalla comunità nel luglio 2012 e ora parte offesa nel processo contro Shalom, che lamentava di essere stato costretto al ricovero forzato contro la sua volontà. Procedimento archiviato dal gip Ciro Iacomino il 9 maggio 2013, pochi mesi prima che il Csm nominasse Buonanno procuratore capo di Brescia, ravvisando l’“insostenibilità dell’accusa in giudizio”. Così l’ex procuratore di Lecco ha finito per assumere il ruolo di capo dei pm che procedevano contro la comunità di cui era membro del comitato etico, oltre che ex indagato.

Il 5 maggio scorso la situazione si complica di nuovo, stavolta nelle aule del tribunale. Nel corso della prima udienza del processo Shalom, l’avvocato Marco Zambelli (legale di suor Rosalina Ravasio, la responsabile della comunità accusata di maltrattamenti e sequestro di persona) ha chiesto che il procuratore Buonanno entrasse nel procedimento in qualità di “parte offesa” accanto al figlio, circostanza che comporterebbe lo spostamento del processo a Venezia, competente per le questioni che coinvolgono i magistrati di Brescia. E mentre due legali degli imputati hanno citato in aula come testi della difesa il procuratore Buonanno, la moglie e uno dei figli, è stata anche chiesta la nullità dell’atto con cui, il 30 settembre 2013, il procuratore capo ha assegnato il fascicolo sulla comunità Shalom ai pm Leonardo Lesti e Francesco Piantoni, perché “pieno di omissis” tali da “impedire di comprendere i criteri di assegnazione” dell’indagine. I pm Lesti e Piantoni avranno ora dieci giorni di tempo per depositare repliche alle eccezioni degli avvocati. Continuando a sostenere l’accusa nel processo contro Shalom per violenze e sopraffazioni di cui, da indagato, il loro attuale procuratore capo aveva dichiarato di non aver mai saputo nulla.