Società

‘La voce che stecca’, il blog dei giovani che ci mettono la faccia

Parlo e scrivo spesso dei giovani, ma realizzo solo a tratti di rivolgermi a loro come se volessi reincarnarmi in quella speranza di futuro e scelte.. che io a vent’anni non ho saputo cogliere, e che respiro soltanto adesso, ormai quasi trentaseienne. Sono ancora giovane certo, però non per tutto; non per potermi cucire su misura quel futuro che ogni mattina vedo nitido nello specchio, ma che è sempre girato di spalle. È chiaro. Ce l’ha su con me. Io ora lo accarezzo, me ne prendo cura, tento di dargli spazio in quel presente “arrabattato” che con fatica mi sono riconquistata, e poi lo consolo: perché nonostante tutto poteva andare molto peggio, e in fondo oggi qualche soddisfazione gliela sto anche dando. Tardi, ma con estrema caparbietà e contro ogni aspettativa.

Con questa piccola premessa, appare ovvio il motivo per cui sono felice quando i progetti e le esperienze giovanili dimostrano, in controtendenza, che se in questo mondo sembra non esserci spazio per gli entusiasmi e le loro qualità, allora quello spazio qualcuno se lo ritaglia e se lo costruisce da solo, magari coinvolgendo altri compagni di viaggio e dimostrando di saperci fare. E per questo oggi vi parlo di un blog di informazione no profit dal nome che è tutto un programma: è La Voce che Stecca. Nato a Padova due anni fa da ventenni appassionati di scrittura e informazione, rappresenta una delle tante facce dei giovani che mi piacciono; curiosi, critici, preparati, appassionati e soprattutto pensanti, al di là di delle opinioni che in modo variegato esprimono sul mondo a cui sentono di appartenere e che vivono. Giovani determinati ad entrare in quella società che raramente ascolta davvero le opinioni richieste, e alla quale, il più delle volte, le opinioni non richieste sono “sgradite”.

Giovani che ci mettono la faccia. Ed è con le loro facce fresche e pulite che dal 19 aprile, al secondo compleanno del blog, si presentano attraverso un piccolo e-book scaricabile gratuitamente dal loro sito e dalla loro pagina facebook, con una richiesta: “Questo blog, nonostante il lavoro di tutti sia volontario e gratuito, ha delle spese oggettive da sostenere che riguardano il sito in sé, in particolare dominio e hosting. Per questo motivo abbiamo bisogno di 150 euro. Riteniamo giusto chiederli ai nostri lettori perché, visto che sono loro i nostri padroni, pensiamo che sia corretto che abbiano la possibilità di decidere se darci fiducia per un altro anno.(…) Per ringraziarvi del supporto che ci continuate a dare e della vostra eventuale donazione, abbiamo deciso di permettere a chiunque di scaricare gratuitamente una copia dell’e-book Noi siamo la Voce in formato pdf.”

Così scrive Tito Borsa fondatore e direttore de La Voce, all’interno della pagina dedicata alla donazione che sarà possibile effettuare fino al 19 maggio. Una scelta coraggiosa, perché 150 euro non sono una cifra difficile da mettere insieme se si considera il numero dei ragazzi in redazione e le loro rispettive famiglie. La scelta che hanno fatto trovo abbia un significato che va al di là della cifra, e questo mi piace. Ci mettono la faccia dicevo, e il coraggio di mettersi in discussione; una qualità che, se ti appartiene, si sa inserire in tutto ciò che fai. È una piccola cosa questa, un piccolo progetto, un puntino nell’oceano infinito della rete che però mi ha colpito e che seguo nelle sue peripezie.

Per questo la sostengo, per questo merita visibilità e ve ne parlo, per questo ho accettato volentieri e gratuitamente di scrivere la prefazione all’e-book che questi ragazzi mettono a disposizione a prescindere dalla raccolta fondi. E forse lo faccio perchè in loro vedo ciò che io ero da ragazza e che non ho saputo essere davvero. Ventenne dalla buona penna, che studia e si impegna per costruirsi un futuro da scegliere e non da subire; che comunque ci prova e non si lascia abbattere dai muri di gomma che ha intorno, in un percorso che appare obbligato e a misura solo di sogni asfittici. Ecco perchè il mio augurio a questi ragazzi, qualunque sia il sogno che stanno coltivando, lo esprimo quasi con commozione; perché sono sicura che qualcuno di loro ce la farà, e saprà prendersi ciò che potenzialmente è capace di ottenere, lasciando le briciole nelle mani di chi li vorrebbe senza spina dorsale, succubi, inetti …. e soprattutto… zitti.