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Egitto, regime arresta 15enne a Fayoum: “Attentato alla sicurezza nazionale”

Il ragazzino è stato fermato il 25 aprile nel paese a 130 Km a sud ovest del Cairo, dove era in corso una protesta di piazza indetta a livello nazionale contro la cessione delle isole di Tiran e Sanafir all'Arabia Saudita. Il Fronte per la difesa dei manifestanti egiziani: "1.277 fermi tra il 15 e il 27 aprile". Tra questi anche Ahmed Abdallah, consulente della famiglia di Giulio Regeni

Hamza Husain Salih ha 15 anni e vive a Fayoum, un paese a 130 Km a sud ovest del Cairo. Il 25 aprile stava andando a fare lezione da un insegnante privato. Camminava per strada con degli amici quando si è imbattuto nella manifestazione che era stata indetta a livello nazionale contro la cessione delle isole di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita. Ha preso un volantino da alcuni attivisti e subito dopo è stato fermato dalla polizia. I suoi amici sono riusciti a scappare, mentre Hamza è stato portato nella stazione di polizia di Fayoum. Due giorni dopo il giudice ha ordinato 15 giorni di custodia cautelare, decisione che è stata rinnovata oggi in una seconda udienza.

L’accusa è di attentato alla sicurezza nazionale. “La madre mi ha raccontato che quando l’ha finalmente incontrato in tribunale, Hamza ha iniziato a piangere. D’altronde è un bambino, sembra anche più piccolo della sua età, ha avuto dei problemi di metabolismo durante la crescita quindi è molto piccolo e magro – racconta a IlFattoQuotidiano.it un parente che preferisce restare anonimo – non ha fatto altro che piangere a dirotto per tutta l’udienza”.

Hamza è detenuto nella stazione di polizia insieme a diversi adulti. “Quando la madre l’ha incontrato in tribunale aveva un forte odore di sigaretta perché tutti i suoi compagni fumano nella cella”, continua il familiare. Secondo la Child Law egiziana entrata in vigore nel 2008, i minorenni devono essere detenuti in aree separate dagli adulti. Ma questa norma, come spesso è stato denunciato da svariate organizzazioni per i diritti umani, viene sistematicamente violata sia nelle carceri sia nelle stazioni di polizia.

Questa è solo una storia su 1.277, il numero degli arresti che secondo il Fronte per la difesa dei manifestanti egiziani sono avvenuti in Egitto tra il 15 e il 27 aprile, le due settimane in cui si sono state indette le manifestazioni contro la cessione di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita previste in un accordo economico tra il Cairo e Riyad da più di 20 miliardi di dollari.

Tra le persone arrestate c’è anche Ahmed Abdallah, consulente della famiglia di Giulio Regeni, ricercatore italiano torturato e trovato cadavere il 3 febbraio al Cairo. Il presidente del consiglio d’amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF) è stato prelevato dalla sua abitazione dalle forze speciali nella notte tra il 24 e il 25 aprile. Le accuse sono di “istigazione alla violenza contro il regime per rovesciare il governo”, “adesione a un gruppo terroristico” e “promozione del terrorismo”.

Le due proteste dello scorso 15 e 25 aprile non hanno avuto grandi numeri in piazza ma hanno visto l’ennesimo giro di vite del governo egiziano contro la libertà di espressione. “Il governo ha paura che il dissenso si allarghi, vogliono concludere l’accordo senza alcun tipo di protesta – dice Wael Iskandar, giornalista e attivista egiziano – ho visto molti giovani in queste ultime proteste, persone che quando ci fu la rivoluzione nel 2011 erano troppo giovani per scendere in piazza. Questo potrebbe significare che una nuova generazione sta crescendo e ha i mezzi per esprimere il dissenso”.

La violenta repressione del presidente Al Sisi ha raggiunto nuovi picchi anche nei confronti della stampa. Domenica notte la polizia ha fatto irruzione per la prima volta al sindacato dei giornalisti e ha arrestato due giornalisti Amr BadrMahmoud El Sakka.Il Ministero degli Interni in un comunicato ha accusato i due reporter di usare il sindacato come un “posto sicuro” per creare il caos tra le varie parti del sindacato. Il Ministero ha anche negato che la polizia abbia fatto irruzione nell’edificio affermando che solo 8 poliziotti sono entrati al sindacato.

Dall’altra parte i vertici del sindacato dei giornalisti hanno chiesto le dimissioni del Ministero degli Interni, Magdy Abdel Ghaffar, e il rilascio immediato dei due colleghi. Alcuni giornalisti hanno indetto un sit in permanente di fronte al sindacato mentre per domani è prevista un’assemblea generale urgente per discutere del raid avvenuto domenica. Oggi il quotidiano di stato Al Ahram ha pubblicato un editoriale molto critico nei confronti del governo definendo l’attacco al sindacato dei giornalisti come un’”azione inaccettabile contro la libertà”.

La vicenda sta mettendo in serio imbarazzo il governo anche alla luce della mail inviata per errore dal Ministero degli Interni ad alcune redazioni egiziane. Il quotidiano privato Al Masry al Youm ha pubblicato il documento. Tra i vari punti c’è l’invito a intraprendere una forte campagna di informazione per calmare il clamore sui media dopo gli arresti di Badr e Sakka e l’invito alla magistratura di imporre un blocco delle notizie sui nuovi sviluppi del caso Regeni.