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Cara Queen Elisabeth, accogli i 3mila orfani provenienti dalla Siria

Maestà, buongiorno, come sta? Sono Dario Fo, abbiamo entrambi appena festeggiato i 90 anni, con giusto tripudio di folle. Sono attore e autore teatrale e ho avuto l’onore di rappresentare più volte i miei spettacoli in teatri a Lei dedicati a Londra. Le scrivo per porre alla Sua gentile attenzione un fatto increscioso che si è verificato nella notte tra il 25 e il 26 aprile presso la Camera dei Comuni del Suo Paese.

Come senz’altro Sua Maestà è a conoscenza, la Camera dei Comuni ha bocciato il provvedimento che era stato proposto e approvato dalla Camera dei Lord al termine di una campagna condotta da associazioni per i diritti umani e social media a favore dell’aprire le porte del Regno Unito agli orfani e ai minori abbandonati provenienti dalla Siria. Il provvedimento non è passato per soli 18 voti contrari.

Così non si è accettato di accogliere 3.000 bambini, provenienti da un Paese straziato dalla guerra che in questo momento vivono a Calais e in altri campi profughi, una vita miserevole, privati dell’indispensabile per sopravvivere. La Camera dei Lord ha respinto la decisione della Camera dei Comuni e la settimana prossima il provvedimento ritornerà a essere discusso. L’Inghilterra nel 1938-40 accolse 10 mila bambini in fuga dalla Germania, dall’Austria e dalla Cecoslovacchia. E sono certo che se andiamo a vedere la vita di quei bambini scopriremo che molti sono diventati cittadini di cui il Suo Paese può andare fiero.

Ora un’altra guerra costringe questi piccoli ad abbandonare il loro Paese e la Gran Bretagna può fare, ancora una volta, un gesto di grande umanità. Sono 3000 e sono orfani, profughi e bambini… a pensarci bastano 1500 famiglie che adottino due piccoli disperati ciascuna – e senz’altro nel Suo stupendo Paese ci sono 1500 famiglie che sarebbero felici di accogliere questi piccoli innocenti –. Entrambi sappiamo bene che i giovani sono il futuro di una nazione. Lo sappiamo perché lo vediamo negli occhi dei nostri pronipoti e perché lo sappiamo leggere. Maestà, Le chiedo di mettere una buona parola – come si dice in Italia – affinché la Camera dei Comuni prenda in considerazione l’idea di approvare questo gesto di solidarietà umana. Non aggiungo altro, mi affido al Suo buon cuore. Grazie.