Un anziano cade dalla sedia, tende la mano per farsi aiutare. Di fianco al suo corpo piegato sul pavimento passano gli operatori sanitari, ma nessuno si cura di rialzarlo e il paziente rimane lì per diversi minuti, in alcuni casi per ore. Un altro fa cadere per sbaglio il piatto di pasta e per punizione viene costretto, tra gli insulti, a continuare a mangiare direttamente da terra. Sono soltanto alcune delle scene che si ripetevano quotidianamente a Villa Matilde, una casa di riposo a Bazzano di Neviano degli Arduini, nell’Appennino parmense, in cui le persone che dovevano accudire e dare assistenza ai 70 ospiti in realtà li trattavano in modo disumano, prendendosela in particolare con i pazienti malati di Alzheimer o con deficit cognitivi, che quindi non potevano avere la lucidità per ribellarsi. Gli anziani venivano persino derisi dagli operatori, che imitavano i loro gemiti o la loro andatura barcollante, e gli sbeffeggiamenti e gli insulti erano all’ordine del giorno. “Mammut”, “maiale”, “scimmia” gli appellativi con cui venivano chiamati i pazienti, a cui seguivano le minacce: “ti do un calcio nelle palle”, oppure “ti butto giù dalla finestra”, “ti seppellisco viva”. Le indagini dei carabinieri della compagnia di Parma da ottobre 2015 a febbraio scorso hanno riscontrato almeno un centinaio di episodi di violenza e vessazioni, e il 18 marzo su ordine della Procura sono scattati gli arresti domiciliari per sette persone di età compresa tra i 30 e i 57 anni, dipendenti della cooperativa lombarda Kcs Caregiver che gestiva la struttura, mentre altre cinque sono state denunciate. L’accusa per tutti è di maltrattamento aggravato ai danni di persone deboli, che non potevano difendersi. Tutti anziani che vivevano in un clima di terrore, fino a quando una tirocinante, arrivata nella struttura per un’esperienza formativa, ha deciso di denunciare quanto avveniva e di rompere il sistema di omertà che si era creato intorno a Villa Matilde di Silvia Bia