Cronaca

Due italiani uccisi in Zimbabwe, padre e figlio “forse scambiati per bracconieri”

Claudio Chiarelli, 56 anni, e il figlio Massimiliano, 29, sono morti in un incidente avvenuto nel parco nazionale di Mana Pools, nel nord del Paese, vicino al confine con lo Zambia, dove l'uomo si trovava in veste di guida safari professionista per fornire supporto logistico alle autorità locali nell’ambito di una campagna anti-bracconaggio

Potrebbero essere stati scambiati per bracconieri. Per questo due padovani, padre e figlio, come riporta Il Mattino di Padova, sono morti in Zimbabwe all’interno di una tenuta di caccia. L’ipotesi, ancora in attesa di conferma, è che siano stati uccisi colpi di fucile da parte del personale di vigilanza della riserva privata.

Claudio Chiarelli, 56 anni, e il figlio Massimiliano, 29 anni, nato ad Harare, erano residenti nel paese africano dove vivevano e lavoravano. Entrambi risultavano registrati all’Aire a Montecatini Val di Cecina. Il padre era un operatore turistico e lavorava come guida di safari professionista. La scorsa estate aveva fatto il giro del mondo la notizia dell’uccisione del leone Cecil da parte di un dentista statunitense.

I due sono stati uccisi in un incidente avvenuto nel parco nazionale di Mana Pools, nel nord del Paese, vicino al confine con lo Zambia, dove Claudio Chiarelli si trovava in veste di guida safari professionista per fornire supporto logistico alle autorità locali nell’ambito di una campagna anti-bracconaggio.

L’Unità di crisi del ministero degli Esteri si è attivata per ottenere da parte delle autorità di polizia del paese africano tutte le informazioni possibili per per stabilire la dinamica di quanto avvenuto.

“Era un cacciatore professionista ma cacciava solo ed esclusivamente capi destinati all’abbattimento – racconta il regista e fotografo trevigiano Carlo Bragagnolo – e non faceva sparare se non era sicuro che l’animale venisse abbattuto con un solo colpo. Aveva insomma delle regole ferree e una etica rigorosa, non era uno di quelli che speculava sulla caccia. Ai suoi dipendenti aveva anche dato abitazione, cure mediche, scuola garantita ai figli. L’Africa era casa sua e la rispettava in ogni modo”. Proprio queste regole ferree e un’etica rigorosa contro la caccia senza scrupoli, secondo Bragagnolo, potrebbe averlo fatto diventare “una persona scomoda“. Bragagnolo assieme a Chiarelli ha realizzato quattro documentari dedicati alla caccia dei grandi animali e con lui si era incontrato l’ultima volta alcuni anni fa quando il padovano era tornato in Italia per un breve periodo. Massimiliano è invece descritto come “un ragazzo timido, introverso, tranquillo, che aveva fatto la scuola per diventare cacciatore professionista ma aveva ancora le idee confuse sul sul futuro”.