Cronaca

Valanga in Alto Adige: “Neve instabile e Föhn tra le cause principali dell’evento. Controllare sempre le condizioni meteo”

Secondo Giampietro Verza, ricercatore Everest K2 Cnr e guida alpina, diverse sono state le concause che hanno determinato la slavina che in Valle Aurina ha provocato sei vittime. "Il caldo anomalo di questo inverno e l'assenza di nevicate in autunno le ragioni dell'incidente"

È costata la vita a sei persone, la slavina staccatasi oggi dalla cima del Monte Nevoso, la seconda vetta più alta del gruppo delle Vedrette di Ries della Valle Aurina, in Alto Adige. Tra le concause dell’incidente, secondo Giampietro Verza, ricercatore Everest K2 Cnr e guida alpina, a giocare un ruolo determinante sono state le alte temperature registrate nel 2015, che è stato uno degli anni più caldi di sempre. “Questo ha comportato una anomalia nella stratificazione nevosa. Inoltre, durante lo scorso week end – segnala l’esperto Cnr – c’è stata la precipitazione più importante dell’inverno, e quella neve non si è ancora stabilizzata. Un fattore di peggioramento delle condizioni meteo locali può essere inoltre il Föhn, vento con massa d’aria calda proveniente da Nord che stamani, stando alle testimonianze, soffiava in quota, nell’area interessata dalla valanga”.  In questi casi, più ancora che di norma, è indispensabile per gli sciatori e gli escursionisti controllare le previsioni e attenersi alle raccomandazioni degli esperti. “A inizio marzo – ha detto ancora Verza –  si apre la stagione dello scialpinismo ma bisogna sempre valutare la storia del manto nevoso, con tutte le precauzioni di chi va in solitaria. Purtroppo di solito i gruppi, se non ben guidati, sono meno prudenti. C’è poi un Bollettino delle valanghe, con rischi da 0 a 5, e bisogna capire se è stato preso in considerazione dai turisti quanto segnalato localmente”.

Prima di avventurarsi in quota, raccomanda l’esperto, “va sempre valutata la storia del manto nevoso che ha una variabilità incredibile, quasi infinita”. Nello scorso week end, infatti, “c’è stata la precipitazione più importante dell’inverno, e quella neve non si è ancora stabilizzata. Non ha avuto il tempo di agganciarsi agli strati più stabili”.

Secondo il ricercatore del gruppo di glaciologia dell’Università di Milano la valanga abbattutasi in Valle Aurina, in Alto Adige, è una “piccola valanga, con 300 metri di scorrimento, che può avere tante concause. A partire dalla sollecitazione meccanica del passaggio dell’uomo che può rompere l’equilibrio della tenuta”. Il 2015, ricorda il ricercatore, è stato l’anno più caldo di sempre e l’autunno ha evidenziato una spinta inversione termica con temperature molto alte, vicine cioè allo zero e mai negative, nelle sommità dell’arco alpino. Attorno ai 2500-3000 metri di altitudine è stata incamerata energia del sole, normalmente riflessa dalla neve autunnale, la grande assente della stagione scorsa. Questo ha comportato una anomalia – sottolinea Verza – nella stratificazione nevosa che fa fatica a stabilizzarsi”.

“L’evento in sé è di tipo meteorologico – osserva il climatologo Cnr Sandro Fuzzi – ma sappiamo che le temperature attuali sono piuttosto alte per il periodo, e che il riscaldamento del clima ha fatto diminuire del 40% negli ultimi 30 anni i ghiacciai alpini italiani”. Un fattore di peggioramento delle condizioni meteo locali odierne può essere il Föhn, vento con massa d’aria calda proveniente da Nord. “A inizio marzo – osserva Verza – siamo un po’ agli inizi di stagione per lo scialpinismo, il manto nevoso è meno stabile. Bisogna capire come questo gruppo di sciatori era condotto; purtroppo di solito i gruppi, se non ben guidati, sono meno prudenti. L’ideale è pensare sempre che sei tu e la montagna. Chi sale ha tempo di valutare la neve che fa dei suoni quando non è stabile, evidenziando anche piccoli smottamenti. Vanno poi evitate le conche, che semmai vanno attraversate – consiglia l’esperto – uno per volta, proprio per limitare i rischi. Chi viene travolto da una valanga – precisa il ricercatore – può morire per annegamento perché respira la neve che sciogliendosi riempie d’acqua i polmoni. Se la neve è pesante il danno è meccanico e si può morire per schiacciamento. Altra causa di morte è l’ipotermia, ma una bolla d’aria può far sopravvivere anche per un giorno, per questo i soccorritori cercano fino all’ultimo”.