Tecnologia

Microsoft verso i data center negli abissi dell’oceano: al via i primi test, si pensa a produzione su larga scala

L’idea di collocare sott’acqua i server dedicati ai servizi cloud è nata in seguito all’intuizione di un dipendente che ha trascorso 3 anni nella marina statunitense a bordo di un sottomarino. Secondo James, l’idea di colonizzare i fondali degli oceani per collocarci dei data center avrebbe permesso di risolvere molti dei problemi legati alla gestione di queste infrastrutture

Se i cavi per le connessioni Internet vengono posati sott’acqua, perché non possono starci anche i computer che conservano i dati? L’idea può sembrare bizzarra, ma dalle parti di Microsoft l’hanno presa molto sul serio. Al punto di avviare i primi test con prototipi per verificare la fattibilità del progetto e, in prospettiva, avviare la produzione su larga scala di data center sottomarini dedicati ai servizi online come lo streaming video o la gestione della posta elettronica. L’idea di collocare sott’acqua i server dedicati ai servizi cloud è nata in seguito all’intuizione di Sean James, un dipendente di Microsoft che prima di approdare alla corte di Satya Nadella ha trascorso 3 anni nella marina statunitense a bordo di un sottomarino. Secondo James, l’idea di colonizzare i fondali degli oceani per collocarci dei data center avrebbe permesso di risolvere molti dei problemi legati alla gestione di queste infrastrutture. L’idea è stata tradotta nel Project Natick, attualmente in fase di sperimentazione.

Ma quali sono i vantaggi di un data center sottomarino? Il primo riguarda la possibilità di collocare migliaia di server in un ambiente che ha temperature ideali per il loro funzionamento. Uno dei costi che incidono di più nella gestione di un data center, infatti, è quello legato al raffreddamento dei server che gestiscono i dati. Collocando la struttura sul fondo dell’oceano, Microsoft conta di poterli abbattere drasticamente. Non solo: secondo i ricercatori Microsoft, la produzione di data center di questo tipo porterebbe a una drastica riduzione dei tempi per la messa in opera, permettendogli di rendere operativo il data center in soli 90 giorni, un periodo di tempo decisamente inferiore rispetto ai 2 anni che sono necessari per la realizzazione di un impianto sulla terra ferma.

Anche il posizionamento nelle acque dell’oceano, secondo gli sviluppatori del Project Natick, non creerebbe difficoltà, anzi: visto che il 50% degli utenti vive vicino alla costa, i data center sottomarini finirebbero per essere più vicini (e quindi più efficienti) di quelli tradizionali. Le difficoltà nella realizzazione pratica del progetto sono legate, più che altro, alla necessità di proteggere i componenti elettronici dall’acqua salata creando un ambiente assolutamente impermeabile. I primi esperimenti, però, sono incoraggianti. Il team di Microsoft ha realizzato un piccolo data center stipato all’interno di un cilindro metallico lungo poco più di due metri, collocato in un punto piuttosto vicino alla costa e collegato alla rete elettrica tradizionale. In futuro, però, l’approvvigionamento energetico potrebbe essere affidato a turbine che sfrutterebbero il moto ondoso o il flusso delle maree. L’uso di fonti rinnovabili, oltre a rappresentare un fattore di risparmio nella gestione delle infrastrutture, segnerebbe un passo nella direzione di una maggiore sostenibilità ambientale e renderebbe i data center assolutamente autosufficienti.

foto dal sito dal dito di Project Natick