Emilia Romagna

Brescello, il sindaco Marcello Coffrini si dimette: definì gentile boss Grande Aracri

Tre giorni fa il primo cittadino era stato "salvato" dalla mozione di sfiducia presentata dal Pd proprio da tre consiglieri dem. Il caso è tornato nella pagine di cronaca politica dopo le polemiche sollevate nei giorni scorsi da Beppe Grillo in risposta alle critiche per la gestione del caso Quarto

Tre giorni fa era stato “salvato” dalla mozione di sfiducia presentata dal Pd proprio da tre consiglieri dem. Oggi Marcello Coffrini, sindaco di Brescello (Reggio Emilia),  che definì un suo compaesano, condannato per ‘ndrangheta, “gentilissimo” e “molto tranquillo”, ha rimesso il mandato.

Il primo cittadino è da mesi al centro delle polemiche perché in un’intervista alla webtv Cortocircuito ha detto che il boss della ‘ndrangheta Francesco Grande Aracri “è una persona gentile, tranquilla ed educata”. Il 10 giugno scorso era stata nominata una commissione di accesso per valutare eventuali infiltrazioni mafiose e la sussistenza della necessità di scioglimento del Comune. Il caso è tornato nella pagine di cronaca politica dopo le polemiche sollevate nei giorni scorsi da Beppe Grillo in risposta alle critiche per la gestione del caso Quarto, dove un ex consigliere M5S è indagato per voto di scambio e tentata estorsione e il primo cittadino è finito al centro di una storia di ricatti: l’11 gennaio scorso il leader del Movimento 5 Stelle ha lanciato sul suo blog la campagna #Coffrinidimettiti. Solo ieri Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto, si è dimessa.

Coffrini, eletto in quota Pd nel 2014, a settembre 2014 definì Francesco Grande Aracri, condannato per mafia, uno “educato”, “molto composto”. Ne seguì un putiferio di polemiche sul sindaco, ma la direzione provinciale del Partito democratico non ne chiese le dimissioni. Il Pd reggiano si dichiarò impossibilitato ad agire anche perché Coffrini non risultava, a detta dell’assemblea dei sindaci, un iscritto.

È passato un anno e mezzo, il nome del paese di Brescello nel frattempo è comparso nelle carte della maxi-inchiesta Aemilia sulla ‘ndrangheta in regione; poi nel territorio comunale ci sono stati nuovi sequestri giudiziari di immobili, tutti riconducibili, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, alle ‘ndrine; infine una commissione di accesso nominata dal prefetto per sei mesi ha scandagliato il comune in cerca di indizi di infiltrazioni mafiose. Ma il Pd non ha mosso un dito contro il sindaco che aveva fatto eleggere. Il tutto fino all’11 gennaio 2016, quando Beppe Grillo, con il Movimento 5 stelle sotto pressione per il caso di Quarto, ha ritirato fuori la vicenda di Coffrini e di quelle parole sul condannato per associazione mafiosa.