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Migranti, Svizzera come Danimarca: “Confisca di 1.000 € a richiedenti asilo”

La radio Srf riporta che Berna ha deciso di imporre a chi chiede accoglienza di consegnare fino a 1.000 franchi svizzeri dei loro beni per pagare le spese. Su un provvedimento simile il governo di Copenaghen ha annunciato di aver trovato un accordo con l'opposizione. Nils Muiznieks, commissario dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa, a Inger Stojberg, ministro danese per l’Immigrazione: "Violazione della dignità umana"

La Svizzera come la Danimarca. Berna ha deciso di imporre ai rifugiati di consegnare fino a 1.000 franchi svizzeri (circa 900 euro) dei loro beni per pagare le spese di accoglienza. Lo riporta la radio svizzera Srf precisando che all’arrivo alla frontiera ai rifugiati viene consegnato un volantino nel quale è scritto a chiare lettere “di consegnare i propri beni in cambio di una ricevuta”.

Il programma 10 vor 10 ha mostrato la ricevuta di una rifugiata siriana, che la donna ha detto di aver ricevuto dalle autorità quando ha dovuto consegnare più della metà del denaro che la sua famiglia aveva ancora dopo aver pagato i trafficanti per raggiungere il Paese.

La donna ha anche mostrato il foglio informativo destinato ai profughi, su cui si legge: “Se avete proprietà di valore maggiore di mille franchi svizzeri quando arrivate in un centro di accoglienza dovete consegnare tali asset economici in cambio di una ricevuta”. L’emittente ha citato l’autorità per l’immigrazione Sem, che motiva la misura dicendo che la legge chiede ai richiedenti asilo e rifugiati di contribuire quando possibile ai costi per il processamento delle loro pratiche e all’assistenza sociale. “Se qualcuno se ne va volontariamente entro sette mesi, può riavere indietro il denaro e portarlo con sé. Altrimenti i soldi coprono i costi che genera”, ha dichiarato una portavoce. Inoltre, in Svizzera chi ottiene il diritto di restare e lavorare deve consegnare il 10% della paga per un periodo fino a 10 anni, sino a che avrà ripagato 15mila franchi, secondo quanto riportato.

Copenaghen, intanto, sta rivedendo la proposta di confiscare le proprietà dei rifugiati per pagare la loro permanenza, dopo le critiche dell’Agenzia per i Rifugiati dell’Onu. I cambiamenti introdotti nelle leggi danesi sull’asilo e l’immigrazione nonché la possibile confisca dei beni dei migranti sollevano questioni di conformità con la Convenzione Europea dei Diritti umani che la Danimarca è obbligata a rispettare. Questo il monito rivolto da Nils Muiznieks, commissario dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa, a Inger Stojberg, ministro per l’Immigrazione, integrazione e alloggio in una lettera inviata lo scorso 12 gennaio e resa nota oggi.

Nella lettera il commissario, che si dice “profondamente preoccupato“, attacca alcuni cambiamenti apportati all’Aliens Act lo scorso novembre e il nuovo pacchetto di emendamenti in discussione in Parlamento esprimendo il suo “sgomento” per la proposta di confiscare i beni dei richiedenti asilo. “Ritengo che tale misura possa essere una violazione della dignità umana delle persone a cui viene applicata”, sottolinea Muiznieks, aggiungendo che potrebbe anche condurre a una violazione del diritto alla proprietà sancito nella convenzione europea dei diritti umani.

Il commissario critica anche le nuove norme introdotte lo scorso novembre che “aumentano la possibilità di detenere i richiedenti asilo sotto speciali circostanze come per esempio un loro arrivo massivo e allo stesso tempo indeboliscono importanti garanzie legali rispetto alla detenzione”. Questo, afferma Muiznieeks, “potrebbe portare a utilizzare la detenzione dei richiedenti asilo in maniera sproporzionata e indiscriminata, in contraddizione con quanto stabilito dall’articolo 5 della convenzione europea dei diritti umani (Cedu), che protegge il diritto alla libertà”. Il commissario evidenzia che per la Corte di Strasburgo la detenzione dei richiedenti asilo può essere usata solo come ultima alternativa.

Sul nuovo pacchetto di emendamenti il commissario esprime poi una “forte preoccupazione” pure per la proposta di aumentare da 1 a 3 anni il periodo che i beneficiari di protezione temporanea sussidiaria devono attendere per aver diritto alla riunificazione familiare“. Questa misura potrebbe essere incompatibile con quanto stabilito dall’articolo 8 della Cedu, sul rispetto della vita familiare, e con la convenzione dei diritti del bambino dell’Onu.