Politica

Riforme, la ‘nuova’ Costituzione? Iter kafkiani e un discutibile concetto di democrazia diretta

1. Iter legislativo kafkiano. L’iter di formazione delle leggi previsto dalla riforma è molto complesso. Si contano circa una decina di diverse modalità di approvazione di una legge, al di là delle leggi monocamerali e bicamerali (leggi costituzionali, leggi in materia di elezione del Senato, referendum popolare e ordinamento degli enti territoriali). E’ evidente che i valori dell’efficienza e dell’efficacia (oltre che della velocità) su cui si basa il mainstream renziano risultano fortemente ridimensionati, e soprattutto, la farraginosità delle procedure legislative, determinerà un forte contenzioso davanti alla Corte Costituzionale.

In questo marasma legislativo, si introduce il controllo preventivo di legittimità costituzionale affidato alla Corte costituzionale sulle leggi elettorali. Molto bene! Tuttavia un piccolo particolare: non è stato definito il rapporto tra sindacato in via preventiva della Corte e sindacato in via successiva. In sostanza, ci si domanda: può una legge elettorale essere sindacata anche successivamente e quale sarà il rapporto tra giudizio preventivo e giudizio successivo? Boh! Non è dato saperlo… con buona pace della certezza del diritto.

2. Democrazia diretta o partecipativa. In merito all’iniziativa legislativa popolare l’inganno è evidente: si innalzano le firme dei cittadini richieste da 50.000 a 150.000, con il pretesto che poi i testi ad iniziativa popolare abbiano un percorso certo. La definizione di questo cosiddetto percorso “certo”, sia nell’esame che nella votazione, è riservato alla competenza dei regolamenti parlamentari, che guarda caso, sono approvati a maggioranza assoluta, ovvero, con l’Italicum, dal partito di governo. Al buon cuore del partito di maggioranza decidere dunque sulle sorti della democrazia partecipativa e diretta; quindi sulle “regole del gioco”.

In merito all’istituto referendario, si aggiunge, accanto a quella esistente, un’altra procedura con un altro quorum. Infatti, in caso di sottoscrizione della proposta da parte di 800mila elettori sarà sufficiente per la validità del referendum la maggioranza dei votanti all’ultima elezione della Camera dei deputati. Si tratta di una norma che con il secondo quorum intenderebbe, rispetto al testo attuale, facilitare la validità del referendum. Tuttavia, va ricordato che il vero nodo dell’esito referendario è la sua effettività, la sua applicazione; è consentire che la volontà referendaria sia recepita dall’organo legislativo. Sul punto va ricordata la recente sentenza n. 199 del 2012 della Corte costituzionale con la quale si annullavano norme tese a negare l’esito dei referendum del 2011 contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali, compresa l’acqua. In quell’occasione la Corte, nell’annullare tali norme, ribadì anche il principio del vincolo referendario, ovvero il principio secondo il quale la sovranità popolare (art. 1 Cost.), che, oltre la rappresentanza, si esprime anche attraverso gli istituti della democrazia diretta e partecipativa, prevale e vincola il legislatore.

Una reale volontà a valorizzare gli istituti della democrazia partecipativa e diretta avrebbe dovuto rafforzare nel progetto di riforma, in maniera univoca, i principi posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, quali il vincolo referendario, ovvero il primato della sovranità popolare, e magari valutare ipotesi quali i referendum confermativi e propositivi.