Diritti

Unioni civili, la madrina della prima proposta: ‘Avevo più speranze 30 anni fa’

Angela Bottari, ex parlamentare del Pci, fu la prima a depositare un testo in Parlamento sulle coppie di fatto. Nei successivi 30 anni ne ha viste sfilare altre 46. Oggi è un dirigente del Pd di Messina e al governo dice: "Portate il testo in aula e cercate la maggioranza dove c'è, senza accordi e questioni di bottega"

“Renzi e il governo hanno per le mani un’occasione storica, non la buttino alle ortiche per questioni di bottega”. Parola di Angela Bottari, classe 1945, pasionaria dei diritti civili e storica funzionaria del Pd siciliano che ai politici di oggi può ben dire: “Date retta a una vecchia signora”. Fu proprio lei, allora deputata del Pci, a intuire che il Parlamento italiano dovesse legiferare sulle coppie di fatto. Era entrata in Parlamento nel ’76, quando non c’erano i personal computer e il Muro di Berlino divideva ancora tutto. Bottari, messinese, dieci anni dopo presentava insieme a due colleghe il primo testo di legge per regolare in Italia le unioni civili.

Mai discusso, mai arrivato in aula. Per i successivi 30 anni ne ha visti sfilare altri 45 e quello presentato dalla senatrice Cirinnà, che da mesi sfibra i rapporti in seno al governo, è solo l’ultimo della serie. Oggi, senza aver perso la sua schiettezza, la madrina di tutti i testi (Pasc, Dico, Di.Do.Re…) ha delle cose da dire a Renzi&co. “Sulle Unioni civili – questo l’appello al suo partito – facciano quel che la società civile gli chiede di fare, tenendo conto degli interessi dei più deboli: si rimettano all’aula senza tentare accordi preventivi a garanzia della tenuta dell’esecutivo, in ballo ci sono la libertà e il rispetto della persona umana”. Perché poi “si ricordino, lui e la Boschi: la gran parte del Pd non sarà più comunista, ma sa ancora da che parte stare. E prima o poi presenta il conto”.

Si, ma come fa Renzi a superare i veti di Alfano e dell’anima cattolica del Pd? “Non lo deve fare, punto. Ecco io vorrei dire a Renzi di non fare alcun accordo su questo tema, otterrebbe solo un testo annacquato che a nulla serve oppure l’ennesima proposta che nasce e muore in Parlamento come fu per la mia”. Perché, insiste la Bottari, “è chiaro che andrà al muro contro muro. Renzi e il Pd non devono pensare agli equilibri loro. Non devono cercare accordi, né con la minoranza interna di cui non si fidano e né con chi li sostiene. Devono andare dritti in aula perché se esiste una maggioranza diversa su un tema così sentito e delicato – come sembra esserci – questa possa esprimersi e comporsi, al di là degli equilibri e delle convenienze. E’ un dovere a questo punto. Anzi dovevano farlo subito e forse è già tardi”.

La storia parlamentare, insiste l’ex deputata, premia questo coraggio. “Ci sono voluti molti decenni per veder affermati principi e leggi che investivano i diritti civili: il divorzio, l’aborto, il delitto d’onore, la violenza sulle donne etc. E’ una costante del nostro Paese, dove i condizionamenti culturali sono così pesanti che appena si tratta di modificare dei rapporti di potere consolidati e il pensare comune, si blocca tutto: a farne le spese sono di volta in volta le donne, gli handicappati, i malati, gli omosessuali che si ritrovano a vivere in una società mai attrezzata per difendere i loro diritti e in ritardo di 30 anni. La cosa surreale, se mi è permesso, è che sono anche riforme a costo zero. Mentre, paradossalmente, su quelle che costano l’intesa si trova sempre, bella o brutta che sia”.

E il pensiero torna allora al testo del 1986 e alle speranze con cui veniva depositato. “Forse ne avevo più allora di oggi. Non dimentichiamoci che nel 1982 veniva votata dal Parlamento una legge sul cambiamento di sesso: sembrano secoli fa! Vi pare possibile che a distanza di 30 anni siamo ancora a parlare di unioni civili?”. E che cosa ha provato in questi anni, a veder sfilare sempre lo stesso testo? “Ogni volta una piccola speranza, poi la delusione. All’epoca ci ponevamo il tema di come difendere la coppia non sposata, omosessuale o etero che fosse, da terzi e dallo Stato. Non intervenivamo tanto sull’istituto del matrimonio quanto sulla difesa delle coppie in quanto tali. Avevamo anche fatto significativi passi avanti sul terreno della reversibilità della pensione, sull’assistenza sanitaria, sul contratto di locazione in caso di morte del coniuge non sposato. Sembrava mancasse solo l’ultimo tassello. Ed è passato un quarto di secolo: ancora oggi l’omosessuale non può recarsi in ospedale per assitere il proprio compagno. Per questo chiedevamo un registro delle unioni civili che non fosse solo formale. E ancora manca”.

Ma il tema che divide è l’adozione, inutile girarci intorno. “Io stessa, pur avendo molto a cuore i diritti civili e avendo condotto molte battaglie non ho un’idea chiara di come tradurli su questo fronte. Nessuno ha dati certi da esibire, è una questione di sensibilità e coscienza. Non ci sono nemmeno evidenze che dicano che sia peggio avere due genitori dello stesso sesso che due etero che si scannano o di una famiglia omogenitoriale come tante ce ne sono. Posso però dare uno spunto a chi si deve porre il problema come legislatore?”

Prego, li aiuti… “Quando fu approvato il testo sui cambiamenti di sesso fu introdotto l’automatismo della nullità del matrimonio. Ebbene, ci fu poi una coppia sposata con figli in cui uno dei due partner cambiò sesso e pretese di non avvalersi della legge ma di rimanere sposata. E si rivolsero al magistrato, dicendo che non volevano divorziare. La Corte Costituzionale si pronunciò a favore della richiesta, affermando il principio che era legittimo che una famiglia, ancorché formata da una coppia dello stesso sesso, potesse restare tale con tutti i diritti conseguenti. Ecco, da lì bisognerebbe ripartire. Questo è il precedente di cui il legislatore dovrebbe tenere conto. Perché se è consentito ai cittadini dello stesso sesso, per altra legge, tenere la prole non si capisce perché negare la possibilità di adottare il figlio del proprio partner. La stessa domanda che ci ponevamo all0ra resta oggi: ognuno è libero di servirsi o meno di una previsione di legge che però deve almeno esistere. Non si può fingere che un diritto negato sia la stessa cosa”.

E quindi? “E quindi al mio partito chiedo coraggio. Non accordi preconfezionati e testi neutri che sanno di ipocrisia. Perché se non ce l’ha finisce che mi tocca stimare di più un conservatore dichiarato come Alfano, che almeno dice e fa quello che pensa. Su questo il Pd si gioca molta credibilità e Renzi non può sottovalutarlo”. Traduciamo meglio questo “coraggio”. “E’ facile: quando un tema di coscienza è stato rimesso all’aula ha poi trovato la sua strada, anche se imperfetta, magari tardiva. Su molti temi etici e civili, tra i quali il divorzio ma anche le leggi sulla violenza sessuale, ebbero un ruolo importante esponenti della Dc che nel voto segreto e anche in quello palese presero posizioni diverse dal loro partito. Sulle unioni civili, ad esempio, non posso dire che Maria Eletta Martini o Tina Anselmi non diedero un contributo. La stessa Garavaglia che oggi è nel Pd. Insomma, le convergenze si trovano in Parlamento, non nelle stanze di governo”.

Come finirà? “Spero che Renzi e agli altri facciano tesoro di questi 30 anni. E non si facciano irretire da calcoli, sondaggi e tornaconti elettorali. Non si facciano poi problemi a cercare un’intesa con i Cinque Stelle. Perché se il tema è “non allearsi con il potenziale competitor” devono anche stare attenti a non offrirgli buoni argomenti: domani il tuo potenziale rivale elettorale potrà dirti di non aver fatto nulla quando ne avevi l’0ccasione o una legge pessima. E allora dovremo constatare che 30 anni sono passati davvero invano. E il governo dovrà assumersi la responsabilità delle sue debolezze davanti agli italiani tutti, non solo gli elettori del Pd o le coppie omosessuali”.