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Da Donald Trump all’Ue: cosa vogliono i falsi analfabeti digitali?

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Relegare a semplice folklore le uscite del candidato alle primarie repubblicane Donald Trump potrebbe rivelarsi un errore fatale. Certo, quello che molti continuano a definire un “eccentrico miliardario” e che dimostra sempre più di essere piuttosto un proto-fascista, ha abituato il pubblico alle sue sparate al limite del paradossale. Quando ieri ha ipotizzato la chiusura di determinate “aree di Internet”, molti commentatori si sono semplicemente fatti una sonora risata. In realtà, c’è poco da ridere. Perché è vero che l’architettura della Rete non consente di fare qualcosa di simile. Non oggi. Se qualcuno (non necessariamente Trump) dovesse decidere che sia utile o indispensabile avere un controllo a livello geografico degli accessi a Internet, però, questa architettura potrebbe cambiare. E c’è da scommettere che lo farebbe piano piano, un passo alla volta, in maniera quasi impercettibile. Un po’ come un castello di Lego nel quale viene spostato un mattoncino alla volta.

Se negli Usa l’ossessione del controllo su Internet viene giustificata con la (solita) lotta al terrorismo, nella vecchia Europa si utilizzano pretesti più progressisti, come la protezione dei dati personali. La proposta di legge, in discussione in questi giorni, contiene infatti un emendamento che permetterebbe il trattamento dei dati personali (cioè l’uso di un qualsiasi servizio online) ai minori di 16 anni solo in seguito all’autorizzazione di un genitore. Una norma che, per come stanno le cose, può essere definita con un termine tecnico piuttosto specifico: “solenne vaccata”. A meno di obbligare tutta la popolazione europea a usare un qualche servizio di posta elettronica certificata, i controlli sull’età degli utenti sarebbero infatti assolutamente impossibili. Qual è, quindi il senso dell’emendamento? Forse proprio quello di cominciare a suggerire l’idea che l’Internet del 2015 abbia bisogno di una forma di identità digitale “ufficiale”.  Paranoia del complotto? Forse.

La verità è che Internet è diventato uno strumento indispensabile per tutti, ma terribilmente scomodo per qualcuno. Almeno fino a quando la navigazione in Rete rimane (entro certi limiti) libera, anonima e incontrollabile. Perché con questa Internet possono succedere cose scomode. Un esempio per tutti: mentre sotto i riflettori della COP21 di Parigi i “grandi” del pianeta dichiaravano solennemente di impegnarsi per ridurre il riscaldamento globale, Wikileaks pubblicava la documentazione relativa ai negoziati sul TISA (il trattato super-segreto di libero scambio) in cui gli stessi governi avanzano proposte che vanno esattamente nella direzione opposta. Un episodio non proprio edificante, di cui molti dei partecipanti alla kermesse parigina avrebbero volentieri fatto a meno. E non è escluso che, in futuro, certi fattacci non possano più avvenire.