Calcio

Usa, per la Major League Soccer più ombre che luci: diritti tv quintuplicati ma stipendi dei calciatori troppo bassi

I contratti firmati per le stagioni 2015-2022 portano alla Mls un introito annuale di 90 milioni, cifre comunque irrisorie rispetto al calcio europeo. Cresce l'audience televisiva e i tifosi allo stadio. Una decina di giocatori guadagnano un terzo del monte salari complessivo

Conclusa la stagione 2015 della Mls (Major League Soccer, il campionato di calcio americano) con la vittoria dei Portland Timbers in finale contro i Columbus Crew, dappertutto è un fiorire di elogi e peana sulle magnifiche sorti e progressive del calcio americano e sul suo successo commerciale. Che finalmente gli Usa si siano innamorati del calcio? In realtà, anche no. Dopo il primo trionfale annuncio del successo del soccer risalente a quarant’anni fa, con l’arrivo dei vari Pelé, Cruyff, Beckenbauer e Chinaglia, dopo il reiterato avviso ai naviganti di vent’anni fa, in occasione dei Mondiali di Usa ’94, dopo l’ennesima comunicazione dell’avvenuta conquista dei cuori e delle menti del popolo americano solo pochi anni fa, con l’avvento del profeta David Beckham, quello odierno sembra però solo l’ennesimo necessario passaggio di un lungo spot pubblicitario. A guardarla bene, la realtà e diversa.

Certo, alcuni numeri se paragonati al passato sono impressionanti. I diritti tv firmati per le stagioni 2015-2022 portano un introito annuale di 90 milioni: cinque volte tanto il contratto precedente. E, grazie anche a una migliore distribuzione degli orari delle partite, è cresciuta l’audience televisiva rispetto al 2014: Espn +4% con 249mila spettatori di media, Unimas +3% con 224mila, per la neoentrata Fox 197mila spettatori, che se vogliamo fare un paragone un po’ tirato per i capelli sono addirittura un +40% rispetto alla Nbc. Detto ciò, sono numeri miserrimi rispetto alle audience televisive milionarie degli altri sport, dato che per il football americano della Nfl si parla di quasi due decine di milioni di media a partita. E anche in termini di ricavato sono meno che nulla rispetto al calcio europeo, dove a fronte dei 90 milioni annui Italia e Spagna intascano un miliardo. Per tacere dei quasi tre miliardi della Premier League inglese. Anche il numero di spettatori – Usa ’94 tuttora detiene il record mondiale con 3,5 milioni di spettatori paganti, seguito dai 3,2 di Brasile 2014 – è in nettissima crescita: ma si continua a commettere il vizio di paragonare le mele con le pere.

Nel 2015 la media spettatori è stata di 21.574 persone a partita: una crescita del 12% rispetto alla stagione 2014 (media di 19.148) e addirittura del 64% rispetto alla prima stagione del nuovo millennio (media di 13.756). Una media spettatori lontana da quella inglese, spagnola o tedesca, che si assesta sui 40mila circa, ma di pochissimo inferiore a quella italiana, che supera stento i 22mila. Ora, detto che paragonare gli spettatori di un continente da oltre 300 milioni di persone con un paese da 60 milioni farebbe inorridire qualsiasi statistico, i problemi sono altri. Innanzitutto in Usa questi sono numeri da palazzetto (vedi hockey e basket) e non certo da stadio, che gli americani riempiono per il baseball (oltre 30mila) e il football (70mila), non certo per il soccer. L’altro dato da tenere in considerazione è che tolte Washington, Orlando, Boston, Seattle, New York e Vancouver, le altre 14 squadre giocano in impianti minuscoli da 15-20mila spettatori.

Questa enorme sperequazione nella media spettatori della Mls è un riflesso della struttura del calcio (e verrebbe da dire dell’intera società) a stelle e strisce, dove una decina di giocatori guadagna un terzo del monte stipendi complessivo. Nella Mls, infatti, a differenza delle altre leghe professioniste americane dove il tetto salariale è rigidissimo, vige la “Beckham rules“, per cui ogni squadra può sforare il budget per tre giocatori della rosa: i vari Pirlo, Gerrard, Kakà e Giovinco, stelle cadenti, o cadute, che in Europa faticherebbero a trovare cittadinanza. Il resto dei giocatori, infatti, fa un secondo lavoro. E il calcio paga così poco che il campionato rischiava di non partire per le rivendicazioni sindacali dei calciatori, che alla fine si sono accontentati di un minimo salariale di 60 mila dollari (poco oltre quello della Lega Pro in Italia) e lo svincolo dopo i 28 anni. Insomma, il calcio americano è uno sport profondamente diseguale e ingiusto, strutturato come un film hollywoodiano che per pagare l’attore di grido (spesso un vecchio nome imbolsito) risparmia su regia e sceneggiatura. Il cartellone del soccer potrà sembrare attraente, ma è difficile che riesca a sfondare e diventare un kolossal finché queste enormi sperequazioni non saranno limate.

Twitter: @ellepuntopi