Emilia Romagna

Piacenza: la Fivi in sei vini

330 aziende vinicole, gli ampi spazi dell’area fiera di Piacenza, il freddo fuori e il panino con la spalla cotta e la salsa verde dentro. Si sta bene al mercato dei vignaioli indipendenti aderenti alla federazione della Fivi. Non riesco a scriverlo usando meno caratteri.

Parliamo dell’unica fiera vinicola incentrata più sugli acquisti dei privati che sui gargarismi con sputo, domande deprimenti e appunti di degustazione. Qui si entra con il carrello della spesa e difficilmente non si esce con un carico imponente per il portabagagli. Peccato solo venga programmata in contemporanea con La Terra trema di Milano.

Ci sono stato tre ore ma non sono bastate. Non ho assaggiato tutto, non ho scoperto tantissimo, però molte aziende le conoscevo, altre le apprezzo molto, ma ne taccio perché ci collaboro.

Ecco allora sette aziende scelte tra la 30 assaggiate, prediligendo le sorprese positive e qualche inevitabile conferma (non sono andato insomma da Pietracupa, Zyme, Haderburg o Arpepe). Ho anche sperimentato un nuovo approccio: niente appunti, solo memoria. E fanculo il completismo. Peccato che ora non ricordo il nome di tutte le aziende e sembro un bambino che entra in un cinema e chiede la trama agli spettatori (cit.).

Proviamo:

Favaro
A me questa cosa che in Piemonte ci siano grandi bianchi (pure il Riesling ormai) mi infastidisce, genera un corto circuito nei miei schematismi. Voglio bere rosso in Piemonte! Niente, alla Fivi c’era il meglio del Timorasso e l’erbaluce di Favaro. “Le chiusure” 2014 è pure quest’anno un grande vino: croccante, succoso, snello, incontenibile. Lo assaggi e ne vuoi un cartone.

Claudio Cipressi
Dal Molise (sì, esiste!) un rosso leggiadro, succoso e pepato che ricorda un po’ la Pelaverga piemontese e un po’ certi rossi valdostani. Si beve bene e ci si mangia in allegria. Per come la vedo io però dovrebbe costare meno (supera i 10 euro), altrimenti questa sacrosanta esigenza di valorizzare gli autoctoni si trasforma nel suo contrario. Ma è un discorso lungo e fuori contesto.

Follador
Il prosecco di Follador in realtà non è una sorpresa, non è una scoperta, ma una granitica certezza. Impossibile tacerne visto che non amo (eufemismo) la tipologia, ma forse perché non ho mai il tempo e la pazienza di trovarne di notevoli. Qui siamo su livelli altissimi: niente Zuegg alla pera o base da Spritz, ma tanto varietale, finezza, bocca scattante e una beva insuperabile.

Mattia Filippi
Conoscevo e apprezzavo molto il suo Muller Thurgau, sapido e scattante, probabilmente agli apice della tipologia e sicuramente molto distante dal modello dominate. Riscopro con piacere anche la sua mano felice nel metodo classico, “Augusto Primo”, dritto e pulitissimo, senza dosaggio aggiunto. Apprezzabile anche la produzione di rossi.

Fratelli Aimasso
L’unico Barolo assaggiato alla fiera non è un campione di potenza e profondità anzi è pronto, ma ha un bel carattere, è ricco, gustoso e balsamico. Il 2010 si conferma annata dove è possibile pescare bene senza cercare i mostri sacri. Comprato insieme alla loro Barbera da beva compulsiva.

Il calamaio
Nuova scoperta del lucchese, territorio dove il sangiovese esprime bene il suo carattere e la sua freschezza. L’azienda fa anche dei blend con uve internazionali e un vino con ben 7 uvaggi (“L’antenato”) che ha tanta ciccia e vigore, ma io mi prendo decisamente “Il Poiana”: carnoso e profondo, con un bel frutto rosso e un tannino elegante.