Società

Attentati Parigi, teniamo le porte aperte anche in Italia

Cosa avremmo fatto noi se il nostro quartiere fosse stato preso d’assalto dai terroristi? Come ci saremmo comportati in Italia? Avremmo avuto la stessa  forza d’animo dei cittadini di Parigi: di quanti, venerdì 13 novembre, abitando a ridosso di piazza della Bastiglia, nelle vicinanze dei caffè e dei locali presi di mira dai terroristi, sentendo i colpi che si sparavano al teatro Bataclan, hanno comunque deciso di tenere le loro porte aperte?

#Portouverte era l’hashtag Twitter lanciato proprio durante i terribili momenti dell’attentato, col quale centinaia di parigini si mettevano a disposizione di chi fosse in strada, sperso e disorientato, per offrirgli un tetto sotto il quale ripararsi; una casa dove trovare temporaneo confronto, forse un bicchiere di una bevanda calda, e qualche minuto di umanità dopo aver assistito ad attimi interminabili di diabolica forza omicidiaria.

In Italia, avremmo mai avuto questa prontezza, questo slancio umanitario, questa freddezza, in momenti tanto drammatici? Per quello che ho sentito dire, che ho letto sulla stampa, sui siti internet, che ho visto in tv, che persino ho udito proferire da qualche politico, ho paura di no! Ho paura che i miei connazionali e qualche mio concittadino, mi avrebbero deluso e che non saremmo mai stati all’altezza dei nostri vicini d’Oltralpe. I quali avrebbero potuto benissimo sbarrare le loro porte: avrebbero avuto tutte le giustificazioni di questo mondo per farlo. Avrebbero potuto chiudersi in casa e considerare ogni loro simile, ombra scura in strada, un nuovo potenziale terrorista. E invece no! Alle barbarie, i parigini hanno deciso di rispondere con umanità e sentimento aperto verso i più deboli o meglio a chi, in quel contesto, là fuori, era sicuramente in una condizione di inferiorità.

Non dobbiamo prendere scelte avventate in questi momenti. Ci sono miei concittadini che sui socialnetwork, in queste ore, hanno postato commenti irricevibili all’indomani. Veri e propri appelli all’odio e frasi di istigazione, che chiamano alla guerra e ad armarsi contro la civiltà musulmana. E quando dico “armarsi” lo intendo letteralmente, visto che su Facebook si sono viste postare addirittura foto di fucili e pistole con slogan che chiamavano ad un immediato interventismo. Frasi orribili, affermazioni non lucide che mi sono terribilmente dispiaciute. Non mi ha particolarmente stupito, invece, il titolo di Libero del 14 novembre perché, pur criminale è stato frutto di un’iniziativa ‘furba’ ed interessata; non mi hanno stupito le parole dei noti politici xenofobi e razzisti, che hanno speculato alla solita meschina maniera.

Mi hanno invece fatto male e colpito negativamente la chiamata alla guerra fatta da normalissimi cittadini che evidentemente, in questi ultimi anni saziati alla fonte dell’odio, altra soluzione all’orizzonte non vedono. Forse hanno ragione loro. Ma faccio un semplice ragionamento: dall’11 settembre del 2001, sono trascorsi 14 anni. Da quell’attacco in poi a ogni atto di terrorismo l’Occidente ha risposto con la guerra: in Iraq, in Afghanistan, in Libia, in Siria. Ma queste guerre non hanno risolto nulla.

Ora, un’altra azione bellicosa decisa dall’emozione del momento e mal ragionata, non porterebbe altro che a nuove morti di cittadini inermi. Io sono contro questo tipo di prospettiva e vedo come un esempio le “porte aperte” dei parigini.  Contrappongo questo, ovvero una proverbiale capacità al dialogo ed alla tolleranza, ad un uso cieco e sconsiderato delle armi.