Giustizia & Impunità

Lega Nord, non luogo a procedere per 34 “camicie verdi” in un’inchiesta del ’96. Prosciolti anche Bossi e Maroni

Tra i dirigenti del Carroccio per cui è stato negato il rinvio a giudizio chiesto dal pm ci sono anche Borghezio, Speroni e Formentini. Il processo era stato bloccato più volte per conflitti di competenza tra tribunali e pareri di Camere, Consulta e Europarlamento

Il gup di Bergamo Tino Palestra ha disposto il non luogo a procedere per 34 “camicie verdi” appartenenti alla Guardia nazionale padana della Lega NordUmberto Bossi, Francesco Speroni, Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Mario Borghezio sono tra i dirigenti del Carroccio coinvolti nell’inchiesta che ormai risale al 1996. Il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio per “aver promosso, costituito, organizzato o diretto un’associazione di carattere militare“.

L’inchiesta risale a 19 anni fa e ora si attendono 30 giorni per conoscere le motivazioni della decisione del giudice. La Guardia nazionale padana era stata costituita formalmente a Pontida, in provincia di Bergamo, il 2 giugno 1996, nel corso di uno dei tradizionali raduni leghisti: pochi mesi dopo Bossi avrebbe dichiarato, a Venezia, l’indipendenza della Padania (naturalmente mai avvenuta). Tra i motivi dei ritardi di un processo avviato vent’anni fa la competenza del tribunale (tra Verona e Bergamo), ma anche l’attesa per i pareri delle Camere, della Corte costituzionale e dell’Europarlamento. Ogni volta i termini venivano sospesi.

I principali dirigenti del partito, tra cui Maroni, Speroni, Calderoli, Borghezio, Pagliarini, Formentini erano stati via via prosciolti dalle varie accuse perché il Senato e la Camera avevano decretato “l’insindacabilità delle condotte degli imputati parlamentari, ritenendo che l’associazione camicie verdi non fosse che un servizio d’ordine simile a quelli organizzati da altri partiti in occasione dei comizi o delle manifestazioni di piazza”. Poi a 18 anni dall’inizio delle indagini, la competenza era passata al tribunale di Bergamo: nel settembre del 2014, il tribunale di Verona aveva infatti accolto l’eccezione di incompetenza territoriale presentata dall’avvocato di uno degli accusati. Oggi, a quasi vent’anni dall’avvio dell’inchiesta, il tutto si è chiuso con un nulla di fatto.