Società

Attentati Parigi: ‘Forse ci stanno facendo un favore’

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Stavo scrivendo il penultimo pezzo del mio disco, poi sento il telegiornale e mi blocco. Scrivere un pezzo su questa tragedia, non so? Sto male. No. Forse ci stanno facendo un favore. Certamente faccio una riflessione che mi fa accapponare la pelle, succede a me stesso mentre lo penso ma mi mantiene sveglio come vorrei che succedesse a molti (e non parlo dell’ora tarda ma dell’essere sveglio nel quotidiano). Se siete deboli di riflessioni acri e poco inclini al ragionamento provocatorio mi contesterete con facilità, mi additerete e denigrerete con avidi commenti da detrattori… perché, sinceramente, nonostante sia più immediato e facile condividere un post populista e una bandiera della Francia che si bagna delle lacrime del risultato d’una tragedia in corso, non lo apprezzo.

Apprezzo chi prova a farsi un esame di coscienza. E poi modifica le sue priorità. Forse ci stanno facendo un favore. Drammatico e tragico. Forse qualcuno sarà convinto che alle spalle di questi avvenimenti ci sia un disegno ben studiato da chi gestisce il mondo sulle poltrone del potere e si diverte a rompere i formicai nei quali ci affanniamo – chi più, chi meno – a tirare avanti nel quotidiano. Forse. Non escludo nessuna possibilità.

Ma pare che si parli proprio di questo, in una serata di fine settimana, dopo aver fatto tutto il necessario per sopravvivere al pieno del novembre delle tasse, una come tante in cui gran parte dell’Europa si rilassa incollata agli schermi per le distraenti amichevoli calcistiche giocate dai milionari svogliati che corrono dietro alla palla facendo falletti lontani dal fair play e lagnandosi degli arbitri (che spesso si riscoprono venduti al miglior cliente). Poi…

Boom… Ratatatatatatatatatatataaaa… e ancora esplosioni e terrore, inimmaginabile. Ma bada, le partite devono essere completate e poi… “edizione straordinariaaaaa”… Inimmaginabile, lontano, per chi lo sente solamente raccontato al Tg, è una eco di avvenimenti distanti che lasciano sgomenti fino allo spot successivo. Poi il bruciore di stomaco, un Gaviscon… e ci si organizza per uscire…

Mi ricordo il Bataclan di Milano con le sue serate di hip-hop e rap, eppure questa sera suona poco a festa lo stesso evocativo nome. Parigi. Un massacro, è un massacro, ostaggi, terrore

Inimmaginabile. Grazie a Dio è inimmaginabile, ma è tragicamente troppo vicino. Ma forse… una vibrazione, forse, qualcuno la percepisce, adesso. Grazie a Dio cosa? Quando nel 1992 ho vissuto i boati delle esplosioni a Palermo, non c’erano spot in mezzo e anche se ci stavamo organizzando per il resto della vita da adolescenti, la distanza era talmente nulla che il torpore della mia città si è spezzato. Una nuova coscienza, una rabbia e un’intolleranza al male, un desiderio di cambiamento e un sentirsi parte dello stesso corpo ferito e sanguinante, colpito e lacerato, una necessità di evoluzione e amore guardandosi negli occhi con chi non voleva e non poteva più accettare tutto ciò stava sorgendo. Era la vera esplosione.

L’obiettivo doveva essere quello di farci tacere definitivamente, volevano rendere tutti schiavi del potere e della violenza. Forse la mafia a quel tempo non lo aveva chiaro ma ci ha fatto un grande favore. No, non se ne rendeva conto, nemmeno noi. Forse Giovanni, Paolo e Pino avevano tutto più chiaro. Il prezzo è stato altissimo ma un nuovo corpo stave nascendo e ha resistito migliorandosi per anni. Adesso vediamo un mondo più grande e illusoriamente più vicino ma l’assuefazione è pesante, è impalpabile. È totalitaria. Booom, sveglia, un’altra esplosione, raffiche di pallottole e vite spezzate, persone che stavano vivendo non ci sono più, ragazze, ragazzi, amici di qualcuno, figli di padri, genitori, mamme, sorelle, esseri umani che si stavano divertendo che scaricavano le tensioni, sereni, non ci sono più. Altri in ostagggio. E chi vive è ha vissuto i momenti, cambierà dentro e fuori. Siamo tutti in ostasggio e non ci vogliamo rendere conto. E saremo dei codardi a dimenticarci di tutto appena i media finiranno di parlarne; quanti Charlie ci sono stati meno di un anno fa? E per quanto tempo? Quanti erano ancora rimasti Charlie fino a oggi pomeriggio?

Forse stasera qualcuno ne ricorderà, rivivrà l’onda di sgomento di gennaio scorso e metterà di nuovo una bandiera francese sanguinante e fiera come foto di profilo; scriverà nel suo diario social frasi magnifiche, citerà poeti e commuoverà tra le foto dei gattini o i post radical chic e, dietro le tastiere, sarà un soldato della pace e dell’amore. Ma chi davvero vuole cambiare le cose, dovrebbe saper rinunciare a troppe dinamiche che confliggono con il manifestare il disgusto – se non momentaneo. Adesso, abbiamo la necessità di svegliarci, viviamo un’Italia, un’Europa e una società troppo sciatte ed individualiste, dove chi vuole fare solo i propri interessi è libero perché nessuno sembra mettersi in gioco e non vuol rischiare nulla.

Forse, ci stanno facendo un favore.