Cronaca

Droghe, boom del khat: solo a Malpensa nel 2015 sequestrate 1,5 tonnellate

La Finanza nell'aeroporto milanese in un anno ha compiuto 106 sequestri. Una diffusione sempre più larga che può avere una spiegazione nel mercato nero in Gran Bretagna che fino al 2014 tollerava l'utilizzo di questa sostanza proveniente da Corno d'Africa e Yemen. Poi è stata bandita e il prezzo è decuplicato

Nel 2015 per 106 volte la Guardia di Finanza di Malpensa ha fermato spedizioni postali di khat, una pianta dalle proprietà psicotrope diffusa tra Corno d’Africa e Yemen. Erano tutte in partenza dall’Area cargo, provenienti dall’aeroporto di Addis Abeba. L’aeroporto è il principale approdo di questo tipo di droga in Italia: in totale, nello scalo milanese sono stati 1,5 tonnellate, circa l’80 per cento del dato nazionale. Stessa percentuale negli anni passati. Il boom del khat (lo scorso anno a Malpensa sono stati fermati 38 chili) ha triplicato i chili di sostanze sequestrate nell’hub aeroportuale di Malpensa nel 2015 rispetto al 2014, quando sono stati 422,1. E la crescita, inquadrata in uno scenario europeo, fa pensare che sia nato un nuovo mercato di contrabbando.

Il traffico in Italia segue direttrici specifiche: per 76 volte, i pacchi di khat da Malpensa erano destinati a Roma e Latina: “A Roma è facile capire il motivo: c’è una grande comunità somala, la principale consumatrice di questa sostanza – spiega il tenente colonnello Giuseppe Bua, a capo dei 320 militari della Fiamme Gialle di Malpensa –. A Latina il dato stupisce, invece”. Nella città laziale, però, non ci sono stati fermi. Tutti i destinatari erano falsi e le indagini per scoprirne la reale identità sono ancora in corso. L’ipotesi più probabile per spiegare i 24 pacchi diretti a Latina (seconda dopo Roma, verso cui sono stati spediti 54 pacchi) è che questo fosse uno snodo di passaggio, verso altre altre destinazioni. La filiera era ben organizzata: la sostanza per mantenere le sue proprietà stupefacenti deve essere consumata nel giro al massimo di 48 ore.

Strane rotte quelle della droga dei poveri. Così è soprannominato il khat, nome scientifico Catha Edulis, pianta le cui foglie vengono masticate o fumate insieme a canapa o tabacco per ottenere un effetto stimolante. I risultati sono simili a quelli delle anfetameine, seppur con meno rischio di dipendenza, afferma l’Organizzazione mondiale della Sanità, che ha inserito la sostanza nella categoria delle droghe dal 1992. Le sue proprietà aiutano a combattere i morsi della fame: per questo ha tanto successo nei Paesi poveri. “Non ha mai avuto – né probabilmente mai avrà – grande diffusione a livello nazionale – spiegano i tecnici della Direzione centrale servizi antidroga -, i consumi si sono sempre limitati alla comunità somala”. Il business sembra essere profittevole ovunque: da Francoforte a Seul, da Zurigo a Philadelphia, in tutto il mondo sono stati diversi i sequestri di sostanza vicini o superiori alla tonnellata.

Perché questo boom nei sequestri? Un’ipotesi potrebbe essere la nascita di un enorme mercato nero in Gran Bretagna. Fino al 2014 il Paese tollerava l’utilizzo di khat. Poi c’è stata la svolta del ministro dell’Interno Theresa May che ha bandito la sostanza, con conseguenti proteste delle comunità somale ed eritree di base nel Regno Unito. Secondo un’inchiesta del Guardian, dal momento in cui è stato bandito, il prezzo delle dosi di strada della sostanza è decuplicato: da 5 a 50 euro, circa. Effetti della proibizione di una sostanza di uso comune.

Chi traffica khat proviene soprattutto da Africa ed Europa: dei 25 denunciati in Italia (cinque dai quali utilizzavano Malpensa come hub), sei sono etiopi, sette somali e tre eritrei. Ci sono poi due italiani, tre romeni, un ungherese, un inglese, un polacco e uno svizzero. Proprio nella confederazione elvetica, a Zurigo, nell’aprile di quest’anno c’è stato il più grande sequestro di khat in Europa: 4,4 tonnellate di foglie camuffate all’interno di 495 buste di the, di henné e di spezie arrivate tra il 24 marzo e il 6 aprile. Stessa modalità per nascondere il carico utilizzata negli altri scali, Malpensa compresa. Gli aeroporti di provenienza sono diversi: non Addis Abeba ma Nairobi e Dar Es Salaam. “I tipi di camuffamento utilizzati fanno pensare che dietro a questi traffici ci sia la criminalità organizzata“, ha dichiarato davanti alla stampa Heinz Widmer, responsabile dell’Ufficio doganale dell’aeroporto di Zurigo. Le indagini sono in corso, in Svizzera come negli altri Paesi toccati dal fenomeno dell’aumento dei sequestri di khat. Secondo Wilder, riporta la stampa svizzera, “il khat potrebbe essere destinato a sostituire la marijuana” nella droga più consumata.

Il quadro che emerge dai numeri in tutta Europa lascia intendere la presenza di un ristretto gruppo di importatori che fanno viaggiare pacchi di droga. Malpensa conferma la teoria: i cinque soggetti a cui sono risaliti i militari delle Fiamme Gialle di Malpensa in media hanno trasportato ciascuno 247,6 chili ciascuno. “Non credo che il fenomeno dell’immigrazione abbia aumentato i consumi – spiega il tenente colonnello Giuseppe Bua -. Se lo ha fatto, ha inciso solo parzialmente”. Un dato è certo: il khat “illegale”, in Europa, ha guadagnato mercato.