Cronaca

Medici, turni più ‘leggeri’. Remuzzi (Mario Negri): “Malati resteranno senza cure, servirebbero 20mila assunzioni”

Il 25 novembre entrano in vigore le norme europee che impongono ai dottori che lavorano negli ospedali di non lavorare più di 13 ore e di riposare per almeno 11 ore tra un turno e l'altro. Secondo il nefrologo e coordinatore dell'istituto ricerche farmacologiche, applicandole alla lettera "si mette a rischio la salute della gente"

“Le attese si allungheranno, i pazienti dovranno vedere un medico sempre diverso e qualche ammalato resterà senza cure“. E’ l’allarme lanciato da Giuseppe Remuzzi, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Mario Negri, a meno di un mese dall’entrata in vigore delle nuove norme sui turni dei medici. A partire dal 25 novembre, sulla base di una direttiva europea recepita nel 2003 ma mai rispettata dal settore sanitario a causa di continue deroghe, i dottori che lavorano negli ospedali non potranno lavorare più di 48 ore la settimana, i loro turni dovranno durare al massimo 13 ore e tra uno e l’altro sarà obbligatorio un riposo di almeno 11 ore. Disposizioni pensate per garantire che il personale sanitario sia il più possibile lucido e riposato. Non per niente i sindacati del settore, a partire da Anaao-Assomed, si sono battuti perché il diritto al riposo fosse riconosciuto, come peraltro chiedeva la Commissione Ue che aveva aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia e minacciava sanzioni.

Ma secondo alcuni addetti ai lavori applicare alla lettera questi orari nella Penisola, dove il turn over del personale ospedaliero è bloccato, significa mettere a rischio i diritti dei pazienti. Il segretario nazionale della Fp Cgil medici, Massimo Cozza, parla di “situazione allarmante” a meno che “non vengano assunti, con una stima di buon senso, almeno 5mila nuovi medici, oltre alla stabilizzazione dei precari già esistenti in sanità”. Mentre Remuzzi, in un intervento sul Corriere della Sera, stima in 20mila le assunzioni necessarie per evitare che la legge “metta a rischio la salute della gente”.

“Prendiamo un grande ospedale e riferiamoci, tanto per fare un esempio, a una divisione di Ematologia che cura 300 nuovi ammalati di linfoma all’anno, 80 di mieloma, 50 di leucemia acuta”, esemplifica il noto nefrologo. “Per molti di questi ammalati la cura comprende anche il trapianto di midollo e quei medici ne fanno 110-130 all’anno. Poi ci sono i day-hospital per la chemioterapia (4-5 al giorno) e le visite ambulatoriali (25mila all’anno). Per fare tutto questo 11 medici bastano appena, ma se ne togli due per un reparto così diventa quasi impossibile andare avanti. Non si potrà più accogliere tutti, qualche ammalato resterà senza cure e senza cure, di malattie così, si muore“.

Cozza sottolinea invece che, a fronte del recepimento in Italia della normativa Ue, “non c’è stato impegno da parte né del governo né delle Regioni di effettuare un piano straordinario di assunzioni per poter consentire il rispetto delle regole senza recare danno alla qualità dell’assistenza e alla sicurezza del lavoro dei medici. Anzi, è continuata questa politica di tagli alla sanità e di blocco del turn over e, invece di migliorare, la situazione è peggiorata. E questa legge di Stabilità la fa ancor di più peggiorare”. Di conseguenza “il rischio è che non si possa garantire la tenuta di alcuni servizi per mancanza di medici, che non sono adeguati numericamente, o che negli ospedali ci siano camici bianchi impegnati in turni di guardia notturna” che dovranno badare “a molte unità operative contemporaneamente: se prima si avevano 40 reparti in un ospedale e per la notte 20 medici in turno, ora magari ce ne saranno 5. Ma i pazienti a cui dover dare risposta sono gli stessi”. Dunque, “il pericolo concreto è quello di diminuire la qualità del servizio, di non mettere i medici nelle condizioni di operare in maniera appropriata e anche di chiudere alcuni servizi”.

“La norma – ricorda il segretario Fp Cgil Medici – concede che si possano concordare deroghe in alcuni casi, ma queste possono essere previste solo attraverso il contratto nazionale e nessuno dal governo si è fatto vivo, ad oggi, per chiamarci a un tavolo e decidere questi eventuali interventi in modo da consentire la tutela dei pazienti e il giusto riposo per i medici”.