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Turchia, blitz della polizia con lacrimogeni nella sede delle tv di opposizione

Il gruppo editoriale è stato "commissariato" perché accusato di avere legami con l'imam Fethullah Gulen, ex alleato del presidente Erdogan. Giornalisti e dipendenti hanno tentato di opporsi ma le forze dell'ordine hanno fatto irruzione nell'edificio, interrotto le trasmissioni e insediato gli amministratori scelti dal tribunale. Il Consiglio d'Europa: "Grande preoccupazione sulla libertà di stampa"

A pochi giorni dal voto del 1 novembre la polizia turca ha fatto irruzione nella sede del gruppo editoriale Ipek a Istanbul e ha preso il controllo, in diretta tv, della regia dei due canali di opposizione Bugun Tv e Kanalturk. “Questa è una censura dei media per cercare di influenzare le elezioni”, ha accusato in diretta il direttore di Bugun tv, Tarik Toros. “C’è grande preoccupazione per la libertà di stampa turca”, ha detto il portavoce del Consiglio d’Europa, Daniel Holtgen.

I media turchi hanno diffuso le immagini in cui si vedono le forze dell’ordine usare lacrimogeni e cannoni ad acqua per respingere giornalisti e dipendenti che hanno tentato di opporsi. Una volta impadronitisi dell’edificio, i poliziotti hanno staccato i cavi per interrompere le trasmissioni televisive e hanno fatto entrare gli amministratori nominati dal tribunale per sostituire la gestione attuale, accusata di legami con la rete “illegale” del magnate e imam Fethullah Gulen, ex alleato diventato nemico numero uno del presidente Recep Tayyip Erdogan. L’immagine simbolo della giornata è diventata una foto, condivisa sui social network e diffusa da diversi media locali, che mostra la tessera stampa insanguinata del giornalista Mustafa Kilic, reporter del quotidiano Millet, sempre di proprietà del gruppo Ipek.

“Le irruzioni compiute nelle sedi dei media e la presa di controllo dei loro beni a qualche giorno dalle elezioni solleva dubbi sul rispetto della libertà di stampa in Turchia” – ha dichiarato Daniel Holtgen – “L’organizzazione sta seguendo questi sviluppi con grande attenzione e preoccupazione“. Il portavoce ha anche ricordato che dei quasi 90 allarmi inseriti sulla piattaforma per la protezione dei giornalisti gestita dal Consiglio d’Europa, 30 riguardano fatti accaduti in Turchia.