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Missioni militari, la Difesa sfora il budget di 300 milioni: costo da 0,9 a 1,2 miliardi

Approvato in Cdm il decreto di rifinanziamento: l'extra è stato coperto tramite un prelievo dal “fondo di riserva” del Ministero dell’Economia e delle Finanze. 372mila euro serviranno “per l’invio in missione in Libia di esperti per fornire assistenza alle autorità libiche e sostenere il processo di stabilizzazione del Paese”: una decisione curiosa, visto che le missioni nel Paese sono state sospese dopo lo scoppio della guerra civile

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto di rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero per l’ultimo trimestre del 2015: oltre 350 milioni di euro in tre mesi (ottobre-dicembre) che si vanno ad aggiungere ai quasi 870 milioni stanziati a inizio anno, per un totale di 1,2 miliardi. A conti fatti, dunque, quest’anno la Difesa ha speso in missioni 300 milioni in più rispetto ai 900 previsti dalla Legge di Stabilità 2015. Un extra che è stato coperto nelle scorse settimane tramite un prelievo dal “fondo di riserva” del Ministero dell’Economia e delle Finanze in occasione dell’assestamento al bilancio 2015 della Difesa. Uno sforamento non da poco, rispetto alle previsioni di un anno fa, determinato dal maggior impegno in Afghanistan, in Iraq e nel Mediterraneo.

La maggior parte di questi 350 milioni sono destinati a pagare altri 90 giorni di operazioni militari all’estero. La spesa più ingente rimane la missione ‘Resolute Support’ in Afghanistan – che doveva terminare a fine anno e che invece verrà prolungata a tempo indeterminato con circa 78 milioni di euro contando le strutture di comando nel Golfo e negli Usa (quasi 6 milioni) e soprattutto le spese logistiche per il rimpatrio dei mezzi (oltre 13 milioni), rallentato dopo le ultime decisioni. Seguono la missione anti-Isis ‘Prima Parthica’ in Iraq (65 milioni), su cui rimane l’incognita dell’impiego bellico dei nostri Tornado, la missione ‘Unifil’ in Libano (42,8 milioni), la missione navale anti-scafisti ‘EuNavForMed’ (33,5 milioni), la missione ‘Eulex’ in Kosovo (26 milioni ), l’operazione aeronavale antiterrorismo ‘Mare Sicuro’ (24,5 milioni), la missione anti-pirateria ‘Atalanta’ nell’Oceano Indiano (13,6 milioni), la missione in Somalia e la connessa attività della base italiana a Gibuti (7,5 milioni) e la missione navale anti-terrorismo ‘Active Endavour’ (4,2 milioni). Altri 3 milioni sono suddivisi tra le missioni minori nei Balcani, in Mali, in Palestina e a Cipro.

Lo stanziamento che suscita maggior curiosità è la cifra, seppur modesta (372mila euro), “per l’invio in missione in Libia di esperti per fornire assistenza alle autorità libiche e sostenere il processo di stabilizzazione del Paese”. Una decisione difficilmente spiegabile, visto che tutte le missioni libiche sono state sospese dopo lo scoppio della guerra civile: sia la fallimentare missione Ue ‘Eubam Libya’ a sostegno delle autorità libiche per sicurezza delle frontiere marittime e terrestri, sia la missione della Guardia di Finanza italiana per addestrare la Guardia Costiera libica e per fare manutenzione alle sei motovedette donate da Berlusconi a Gheddafi nel 2009 (usate per sparare contro i pescherecci italiani e almeno due affondate durante i bombardamenti aerei alleati del 2011). Missioni defunte che ancora all’inizio dell’anno erano state rifinanziate rispettivamente con 1,35 milioni e 4,36 milioni. Abbiamo chiesto lumi alla Difesa, ma per ora non abbiamo avuto risposte.

Tornando al decreto di rifinanziamento trimestrale, da notare altri stanziamenti legati alle missioni militari: quasi un milione e mezzo di euro per l’attività dei servizi segreti (Aise) “a protezione del personale delle Forze armate impiegato nelle missioni internazionali”, principalmente in Afghanistan e in Iraq, e un altro milione di euro per la fornitura all’esercito di Baghdad di equipaggiamenti protettivi contro attacchi chimici, batteriologici e nucleari.

Alla cooperazione internazionale allo sviluppo rimangono 38 milioni di euro, per attività in Afghanistan, Etiopia, Repubblica Centrafricana, Iraq, Libia, Mali, Niger, Myanmar, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Yemen, e per l’assistenza dei rifugiati nei Paesi limitrofi “nonché per contribuire a iniziative europee e multilaterali in materia di migrazioni e sviluppo”.