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Siria, Obama: “Putin sta con Iran e Assad, resto del mondo è in coalizione con noi”

Il presidente Usa, nel terzo giorno di raid aerei russi sul Paese, ha detto che quella del Cremlino è "una ricetta per il disastro" e che il regime del dittatore siriano è destinato a cadere. Parlando della necessità di una stretta sulle armi da fuoco, dopo l'ennesima strage in un college, Obama ha poi auspicato che cambino "le dinamiche politiche legate alle lobby"

“La coalizione di Putin è con Iran e Assad, il resto del mondo è in coalizione con noi”. Così il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un discorso nel terzo giorno consecutivo di raid aerei di Mosca in Siria. “Il regime di Assad”, il dittatore siriano, “cadrà”, ha ribadito Obama. “Il motivo per cui è ancora al potere è perché la Russia e l’Iran sono stati disposti a sostenerlo”. Quanto alla decisione del presidente russo di intervenire in suo sostegno, l’intervento “è un segno di debolezza e non di forza perché il suo cliente, Assad, vacilla e quindi inviare denaro e armi non è più sufficiente”, ha attaccato l’inquilino della Casa Bianca. Che ha definito “una ricetta per il disastro” quella di Putin, con cui pure a margine dell’assemblea generale dell’Onu ha avuto un colloquio a porte chiuse durante il quale, ha detto, “abbiamo parlato della necessità di una transizione politica in Siria”.

“Noi non cooperiamo con una campagna che mira a distruggere chi ne ha abbastanza del regime di Assad”, ha aggiunto Obama. “Vogliamo tenere aperte le porte della comunicazione con i russi, ma non si può lavorare insieme se non si riconosce che in Siria il governo deve cambiare. Noi continueremo a sostenere le forze di opposizione moderate che abbiamo addestrato in Siria, respingiamo l’idea della Russia che tutti quelli che sono contro Assad sono terroristi“. “Questa non è una guerra tra Usa e Russia”, ha però tenuto a puntualizzare. “Non è una partita a scacchi tra superpotenze” e chi la vede così sbaglia.

A poche ore dall’ennesima strage in un college, il presidente Usa è poi tornato sulla necessità di rivedere le leggi sul possesso di armi. “Noi non siamo più violenti delle altre nazioni avanzate”, ha detto Obama, “non sono gli impulsi che sono diversi, se non l’accesso alle armi”. Ma “nulla cambierà fino a che non cambia l’atteggiamento della politica. Perché il non agire è frutto di una decisione politica”, ha sottolineato riferendosi a chi in Congresso ha sempre bloccato la stretta sulle armi da fuoco. “Se non cambiamo quelle dinamiche politiche legate alle lobby, noi non cambiamo. In tutta onestà – ha aggiunto – la questione riguarda sì in particolare i repubblicani, ma non unicamente”.

Obama ha poi parlato del rischio “shutdown”: il 5 novembre il governo americano esaurirà le misure straordinarie fino ad ora utilizzate per evitare di sforare il tetto oltre il quale per legge non può più aumentare il debito. Ora è la volta di alzare il tetto del debito, che “non ci consente di spendere di più, ma di pagare le spese già contratte”, ha avvertito. Non farlo significherebbe causare problemi all’economia.