Politica

Riforme, Grasso: “Irricevibili 72 milioni di emendamenti”. Opposizioni: “Regime”. E rinunciano alla discussione: si va al voto

Il presidente del Senato ha annunciato che le richieste di modifica presentate in Aula al ddl Boschi saranno tagliate perché servirebbe "un tempo incalcolabile" per valutarle. Ne restano 383mila e 500. Seduta fiume si trasforma in seduta lampo dopo la rinuncia dei senatori di illustrare le singole proposte. Calderoli: "E' il regolamento del Marchese del Grillo"

Avrebbe dovuto essere una seduta fiume di 10 ore con le barricate per impedire di arrivare al voto sul ddl Boschi, si è trasformata in una seduta lampo durata a malapena mezza giornata. A cambiare il copione di Palazzo Madama è stata la decisione del presidente Pietro Grasso: “Dichiaro irricevibili 72 milioni di emendamenti per il numero abnorme: dovrei passare 17 anni solo a leggere i testi”. Da lì la protesta delle opposizioni (in fila M5S: “Precedente”; Lega: “Si vergogni”, Fi: “Regime”) e la decisione di rinunciare all’illustrazione delle richieste di modifica. Morale: fine della discussione e tutto riaggiornato a mercoledì 30 settembre quando si partirà con il voto. Lo scontro è solo rimandato: restano infatti 383mila e 500 emendamenti e prima di analizzare ogni articolo Grasso annuncerà quali sono ammissibili e quali no. Il nodo più delicato è sull’articolo 2 e sulla composizione del futuro Palazzo Madama: le opposizioni chiedono che si voti per prevedere l’elettività, mentre il governo da giorni dice che sarebbe una “scelta inedita”.

Intanto la prima decisione di Grasso è stata quella di non accettare i 72 milioni di emendamenti presentati in Aula e quindi di bloccare il tentativo pià consistente di ostruzionismo: “Considero”, ha spiegato, “non inammissibili (l’inammissibilità è infatti riferita al merito) ma irricevibili gli stessi emendamenti fermi restando invece quelli già ricevuti dalla presidenza della commissione Affari costituzionali e ripresentati in assemblea, al netto di quelli ritirati. La decisione si è resa necessaria per rispettare i tempi stabiliti dal calendario dei lavori. La presidenza è oggettivamente impossibilitata a vagliarli, se non al prezzo di un precedente capace di bloccare i lavori per un tempo incalcolabile”. A rispondere è stato l’autore della gran parte delle proposte di modifica Roberto Calderoli: “Da quest’oggi è vigente il regolamento del Marchese del Grillo: ‘Io sono io e voi non siete un c…'”. Anche per il segretario del Carroccio Matteo Salvini “Grasso si dovrebbe vergognare”, anche se ha precisato che non avrebbe fatto come Calderoli.

Dopo l’annuncio ha preso la parola Vito Crimi che si è dichiarato “allarmato” per la decisione, che creerebbe un “precedente”. Secondo il senatore pentastellato in futuro, su altre leggi, potrebbero essere fissati tempi di voto molto più brevi, e dichiarare irricevibili “anche solo 100 emendamenti”. “Vi invito a riflettere”, ha risposto Grasso. “Io ho parlato dell’abnormità del numero degli emendamenti. M5S ne ha presentati 117. Tra 117 e 85 milioni di emendamenti c’è quel ‘range’ che costituisce l’abnormità. E’ stato calcolato che ci vorrebbero 17 anni per esaminarli. L’abnormità non è soggettiva ma oggettiva”. Polemiche anche dai banchi di Forza Italia: “Sbaglia chi teme un futuro regime, il regime c’è già: con il governo che asfalta le regole e che con una risata seppellisce gli emendamenti”, ha detto il senatore di Fi Lucio Malan. Soddisfatto invece il capogruppo Pd a Palazzo Madama Luigi Zanda: “Condivido la decisione. La presentazione di tanti emendamenti è un attentato al funzionamento del Senato, esiste un principio di economia e ragionevolezza dei lavori di Aula”.

I documentaristi di Palazzo Madama hanno dovuto fare un vero e proprio tour de force per catalogare l’”abnorme” numero di emendamenti. “Informo”, ha detto Grasso, “che alla stessa stregua con la quale i 500mila emendamenti presentati in formato elettronico in commissione Affari costituzionali sono stati numerati e ordinati, gli uffici hanno completato il lavoro istruttorio riferito anche ai 72 milioni di emendamenti presentati in assemblea, al netto di quelli ritirati dai presentatori all’articolo 1 e 2″.