Politica

Senato, con riforma il Pd potrebbe anche amnistiare se stesso. Parola di Violante

Il rischio dell'auto-amnistia in Parlamento nasce dal combinato disposto tra la riforma del Senato e la nuova legge elettorale che assegna la maggioranza assoluta dei seggi (340) alla lista che supera il 40%. A confermarlo è Luciano Violante (PD), l'uomo che ha permesso l'accordo tra minoranza e renziani sul "listino" dei senatori. Ma lo dice solo ora, quasi fuori tempo massimo

“Infine, tra gli altri, c’è anche il problema dell’amnistia, che sarà di competenza esclusiva della Camera. Il partito che vince, comunque si chiami, potrebbe essere in grado di amnistiare se stesso“. A dirlo non è quel Vincenzo D’Anna di Ala, il gruppo dei “renzi-abili” in quota Verdini, che ha suscitato ilarità e sdegno col suo: “La riforma del Senato è una fetenzia, ma la voto”. A dichiararlo è l’ex presidente della Camera, Luciano Violante cui è riuscita, almeno apparentemente, l’impresa di ricompattare minoranza dem e renziani sull’elezione semi-diretta dei nuovi senatori, da ratificare poi nei consigli regionali.

Che la “riforma delle riforme” del governo Renzi possa portare all’‘auto-amnistia in Parlamento lo si scopre così, all’ultima riga di un’intervista rilasciata dal Corriere della Sera e solo oggi, a un metro dalla meta e quasi fuori tempo massimo. Nonostante il rischio fosse poi del tutto evidente, tanto che in commissione e in aula una cinquantina di emendamenti chiedevano la soppressione o la modifica dell’articolo sull’amnistia. Uno per uno, sono stati respinti e il testo è rimasto lo stesso.

Il disegno di legge, tra gli altri, interviene sull’art. 79 della Costituzione che dal 1948 limita la concessione di amnistia e indulto “con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale”. La ratio dei costituenti era chiara: per un provvedimento straordinario come quello (ma anche per la dichiarazione dello stato di guerra) la sola maggioranza in un lato del Parlamento non è condizione sufficiente e deve essere temperata con la maggioranza, ancorché diversa nei numeri (come lo è oggi in Senato), nell’altro.

Abolendo d’un tratto il bicameralismo, la riforma targata Boschi-Renzi trasferisce anche questa prerogativa alla sola Camera dei Deputati. E siccome la nuova legge elettorale garantisce la maggioranza assoluta dei seggi (340) a chi supera la soglia del 40% è chiaro che quando Violante dice “il partito che vince, comunque si chiami”  si riferisca senza citarlo al suo, l’unico in questo momento storico-politico a poter ambire – per ammissione del premier/segretario Matteo Renzi – a quel 40% dei voti.

Il pasticcio potrebbe anche autorizzare dietrologie e retro-pensieri, ma il punto è un altro: perché mai quella “criticità cui bisognerebbe mettere mano subito” – come dice Violante – emerge solo adesso, a giochi fatti? Per il decano del Pd sarebbe tutta dell’opposizione interna al partito che ha concentrato tutto il fuoco di fila sulla questione “minimale” dell’elezione diretta/indiretta dei senatori. In questo modo la minoranza ha spostato il campo di battaglia “dal merito costituzionale alla guerriglia nettamente politica”. Offrendo così a Renzi l’alibi per impuntarsi su quel campo di battaglia. “Se il mio avversario mi critica su un punto minore della riforma – ragiona Violante – io rimango fermo. E non apro altri fronti magari più problematici”.

Il rischio che un partito amnistii se stesso resta per ora solo ipotetico, anche perché la legge – salvo sorprese – sarà sottoposta a referendum. Ma se questo pasticcio viene messo in relazione con altri, la spia su colpo di spugna si colora di rosso. Proprio ieri, sul fattoquotidiano.it, abbiamo raccontato un’altra sorprendete “svista”: tra gli effetti collaterali del Senato 2.0 di Renzi c’è anche quello di concedere il privilegio dell’immunità ai 21 sindaci che saranno catapultati a Palazzo Madama: niente più arresti, intercettazioni o perquisizioni per loro, senza autorizzazione del Parlamento. Risultato: i problemi con la giustizia per quel che faranno da sindaci (gare, appalti, nomine…) li risolveranno all’istante con le prerogative che avranno da senatori. Un incentivo a delinquere. Così si torna alle prime battute della citata intervista, laddove Violante ammonisce: “se fallissimo, le tossine del populismo potrebbero avvelenare il sistema”. Ecco, comunque vada a finire, tocca intendersi bene su chi le mette in circolazione.