Scienza

Spermatozoi in provetta, scetticismo tra esperti. Redi: “Occorre tempo e cautela”

La francese Kallistem ha annunciato di avere ottenuto per la prima volta in laboratorio spermatozoi maturi umani. Tuttavia non sono stati resi noti i dettagli della ricerca, ragion per cui la comunità scientifica internazionale frena gli entusiasmi

Non ha ancora il sigillo dell’ufficialità di una pubblicazione scientifica ma, se confermata, potrebbe avere ricadute molto importanti sul trattamento dell’infertilità maschile. La francese Kallistem, start-up del Centro nazionale ricerche francese (Cnrs), ha annunciato di avere ottenuto per la prima volta in laboratorio spermatozoi maturi umani, a partire da tessuti di testicoli appartenenti a individui sterili. Secondo quanto riportato in un comunicato stampa dagli autori, la tecnica potrebbe aiutare almeno 120mila uomini in tutto il mondo che soffrono di forme di sterilità. “Entro cinque anni – afferma Isabelle Cuoc, presidente della compagnia – speriamo di avere i primi centri che mettano a disposizione la tecnica”.

Tuttavia, della procedura adoperata, su cui è stato depositato un brevetto, non si conoscono ancora i dettagli. E questo sta contribuendo a creare non poche perplessità all’interno della comunità scientifica internazionale, complice la natura stessa della spermatogenesi umana, un processo che fisiologicamente richiede ben 72 giorni. Il Fattoquotidiano.it ha chiesto a Carlo Alberto Redi, accademico dei Lincei e docente di Biologia dello sviluppo all’Università di Pavia – a Venezia in queste ore per i seminari “The Future of Science”, della Fondazione Veronesi, sulla medicina personalizzata – di spiegare quanto è concreta la possibilità di ottenere gameti maschili vitali in laboratorio, partendo da cellule staminali, e qual è il significato scientifico di un eventuale risultato di questo tipo.

Cosa pensa dell’annuncio del gruppo francese?

Non mi ha sorpreso, in realtà non c’è nulla di nuovo. A livello internazionale ci sono molti gruppi di ricerca, soprattutto in Giappone e negli Usa, che producono in laboratorio cellule germinali, partendo da cellule somatiche. Sui topi la ricerca è già andata molto avanti. Anche il nostro gruppo sta cercando di fare altrettanto, partendo da cellule del cordone ombelicale. Non conosco i dettagli della ricerca francese, ma non credo siano andati molto oltre quello che è già conosciuto in letteratura scientifica.

In questo caso, però, pare non ci sia ancora una pubblicazione

Fa parte della procedura di brevettazione, che spinge a mantenere un certo grado di riservatezza. Probabilmente, l’annuncio di oggi s’inserisce in questo contesto: serve a spingere un po’ il brevetto.

Com’è stato possibile in concreto ottenere questo risultato?

La chiave è senz’altro nella ricerca sulle cellule staminali, in particolare sulla capacità di riprogrammarle per farle tornare bambine, in modo che possano poi differenziarsi in tessuti diversi. Dal punto di vista pre-clinico, ci sono già moltissimi dati in proposito: si può dire che c’è già tutto. Tuttavia, servirà ancora del tempo, probabilmente 5 o 10 anni, per valutare l’efficacia di queste cellule ottenute in laboratorio. Occorre cautela.

Quali sono i rischi?

Che le cellule staminali non solo siano inefficaci, ma che possano proliferare in modo incontrollato, generando tumori. Senza dubbio, però, rappresentano un’enorme potenzialità in chiave terapeutica futura.

Quali scenari potrebbero aprire ricerche di questo tipo?

Basti pensare alle prospettive che si spalancano per gli uomini colpiti da azoospermia, l’incapacità di produrre spermatozoi, o per le donne che per hanno perso le ovaie. Le ricerche sulle staminali sono molto promettenti. Ma, come dicevo prima, occorrono tempo e molta cautela.