Società

“Noi, africani, dobbiamo imparare a fare business ‘a casa nostra’. Ecco come”

Fortuna Ekutsu Mambulu, 31 anni, nato a Kinshasa, in Congo, in Italia dal 2002, è il fondatore dell’African summer school, un corso di business full immersion con un focus specifico sugli stati africani. "Siamo abituati a pensare che nelle nostre terre senza l’aiuto dei bianchi non si possa fare niente. Invece non è così"

La sfida è tornare in Africa e combinare qualcosa di buono. “Si parte con le migliori intenzioni, studiare in Europa per aiutare un giorno il nostro continente, ma poi va a finire che restiamo qui, lavoriamo qui e facciamo famiglia qui”: Fortuna Ekutsu Mambulu, 31 anni, nato a Kinshasa, in Congo, in Italia dal 2002, è il fondatore dell’African summer school, un corso di business full immersion con un focus specifico sugli stati africani. La prima edizione è stata nel 2013. E ad agosto è iniziata la terza. La location è sempre la stessa: villa Buri, a Verona. I due sponsor principali sono il Comune (il sindaco Flavio Tosi era presente all’inaugurazione con l’ex ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge) e il Banco popolare di Verona. L’obiettivo è creare opportunità di lavoro in Africa e diffondere una nuova cultura per il rilancio del continente.

“Cresciamo con un punto di vista eurocentrico, siamo abituati a svalutarci, a pensare che nelle nostre terre senza l’aiuto dei bianchi non si possa fare niente. Invece non è così. La scuola serve a far conoscere le imprese locali di successo, ad analizzare limiti e risorse delle varie aree e offrire strumenti per intervenire nel concreto”. Una settimana di lezioni in lingua francese (con traduzione simultanea in italiano) tenute da una decina di professori. Trenta iscritti, metà afroeuropei e metà italiani. C’è chi arriva direttamente da Inghilterra, Belgio, Francia. Sono neolaureati, cooperanti internazionali e lavoratori. L’età media è 28 anni.

“La geostrategia africana” è stato il tema del primo master. Si sono affrontati gli errori nell’economia africana, la questione tecnologica, il calcio come mezzo di colonialismo, e la stesura di un business plan. Tutto partendo dall’osservazione della carta geografica “in cui la grandezza del continente africano è sottostimata ed equiparata agli Stati Uniti – spiega Fortuna -. Una falsa rappresentazione frutto della visione occidentale del mondo”.

L’edizione del 2014 è stata dedicata alla storia generale dell’Africa, dal Neolitico ai giorni nostri, per capire come mai i popoli neri hanno perso l’indipendenza e in quali condizioni si sono evolute le forme di governo dei diversi stati. Il corso di quest’anno invece si concentra sul “rinascimento africano”: nuove tendenze nella letteratura, best practices, start up per rilanciare la società. Fortuna cita due esempi: “C’è una grande azienda agricola ecosostenibile in Benin gestita da gente del posto e aziende che producono automobili con ingegneri e manodopera locale in Nigeria e Ghana”.

Dopo la parte teorica, sono previsti tre mesi di pratica in cui il partecipante individualmente o in gruppo prepara un business plan della propria impresa. Ventisei quelli presentati finora. “Chi non se la sente, scrive una tesina. È importante anche il lavoro intellettuale. Vogliamo coltivare una nuova classe di pensatori africani”. Il progetto migliore vince un premio in denaro da mille a 500 euro (chiamato “Business incubator for Africa”). È stata selezionata la costruzione di uno stagno per gli allevamenti di pesci a Lomé, capitale del Togo, e lo studio di consulenza per l’edilizia ecosostenibile in Ghana. La fase di incubazione, di 12 mesi, è seguita da Mag Verona, cooperativa di finanza etica, che si fa carico anche della ricerca fondi.

Il punto di partenza dell’African summer school è stata una pagina Facebook. “Ho lanciato l’idea e proposto alcuni ospiti, è esploso subito l’entusiasmo, così ho deciso di darmi da fare” racconta Fortuna. Non è finita qui. Entro il 2016 sarà pronta la versione in streamining del master per cento ragazzi che vivono in Congo e in Ciad. Fortuna ha un altro sogno nel cassetto: “Diventare professore all’università nel mio Paese di origine”. Era volato in Italia per studiare. Il tramite è stata la Chiesa. Dopo sei mesi a Roma si è spostato a Verona, dove si è laureato in Economia. Si è mantenuto con le borse di studio e qualche lavoretto (raccolta frutta e receptionist in un ostello della gioventù). Nel frattempo ha lavorato come giornalista nella redazione di Nigrizia, la rivista dei missionari comboniani, che nel 2008 si allarga al web.

“Mi hanno affidato la conduzione di un programma su afriradio.it sull’economia africana per quattro anni. Poi con la crisi sono arrivati i tagli e ho dovuto trovarmi un altro lavoro”. Per sei mesi ha fatto pratica da un commercialista ma non ha funzionato. Commenta: “Quel mestiere non era per me. A me piace essere creativo”. Aveva la sua Africa in testa e voleva a tutti i costi contribuire al suo futuro. Si è trasferito a Bergamo per conseguire un master sulle Politiche migratorie. Ha campato con l’assegno di disoccupazione. Nei momenti più difficili uno dei suoi sette fratelli gli ha dato una mano. Piano piano in quei mesi gli è venuta in mente la summer school. Ora vive a Roma e fa il consulente per Signis, l’associazione cattolica mondiale per la comunicazione. Lui e la sua compagna di Brescia aspettano una bambina. Si chiamerà Esmeralda.