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Penale, al via discussione ddl a Montecitorio: c’è anche bavaglio sulle intercettazioni

Il testo arriva in Aula a Montecitorio e prevede la delega al governo per legiferare su alcuni temi delicati del processo in Italia: dal limite alle indagini (un emendamento lo estende a 6 mesi) fino alla pubblicazione delle intercettazioni

Limite indagini, intercettazioni, carcere per i mafiosi. Il ddl Penale arriva in discussione a Montecitorio tra le polemiche: il disegno di legge delega infatti consegna all’esecutivo il compito di riformare alcuni tra gli aspetti più delicati del processo penale italiano. Tra i punti contestati c’è appunto la normativa per la pubblicazione delle conversazioni: la delega è molto vaga, ma il timore alla luce delle intenzioni più volte manifestate dal governo Renzi, è che si voglia andare verso una restrizione della legge.

Altro punto discusso è quello della modifica dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario. “Nessuna intenzione di attenuare il regime detentivo per mafiosi e terroristi”, ha commentato il ministro della Giustizia Orlando dopo le contestazioni. “La delega non attenuerà minimamente le norme sulla detenzione di terroristi e mafiosi. Anzi, contestualmente stiamo varando provvedimenti che rafforzeranno altre sanzioni di carattere patrimoniale”. Nelle scorse ore a lanciare l’allarme era stata l’Associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. L’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario impedisce a chi è condannato per determinati delitti, quali appunto mafia e terrorismo, di accedere ai benefici penitenziari (assegnazione al lavoro all’esterno, permessi premio, misure alternative alla detenzione), a meno che non collaborino con la giustizia. Ora all’interno del ddl sul penale è contenuta anche una delega per una revisione dell’ordinamento penitenziario e questo ha sollevato il timore che le norme su mafiosi e terroristi del 4 bis possano essere alleggerite. Ma il guardasigilli ha assicurato che “non c’è nessuna intenzione di intervenire su queste categorie di detenuti con una attenuazione”.

Il testo che è arrivato oggi in Aula prevede anche un parziale passo indietro sul contestato limite alle indagini. “Per i reati più gravi l’azione penale andrà esercitata entro 6 mesi dalla scadenza di tutti gli avvisi e le notifiche di conclusa indagine”, è l’emendamento messo a punto dal comitato dei nove in commissione Giustizia che fa passare da 3 a 6 mesi il tempo massimo utilizzabile. La nuova norma mantiene da un lato il termine di 3 mesi per chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione nel caso dei reati per cui le indagini preliminari non possono superare i 18 mesi, ma dall’altro amplia fino a 6 mesi il tempo a disposizione degli inquirenti per esercitare l’azione penale nei confronti dei delitti di mafia e terrorismo e degli altri gravi delitti elencati dal secondo comma (lettera a) dell’art. 407 del codice di procedura penale. Per quei delitti, cioè, per i quali la durata massima delle indagini è di due anni. I nuovi termini, peraltro, varranno solo per le notizie di reato iscritte dopo l’entrata in vigore della riforma.

E’ stato infine ritirato nel Comitato dei nove della commissione Giustizia della Camera, l’emendamento centrista al ddl di riforma del processo penale che prevedeva di segnalare ai titolari dell’azione disciplinare le sentenze di riparazione per ingiusta detenzione. I dati relativi a tali sentenze, a fini meramente statistico-informativi, confluiranno invece – secondo una modifica approvata dalla Commissione – nella relazione sulle misure cautelari che annualmente il governo deve presentare al Parlamento.