Società

Elettrosmog, una sentenza sancisce l’invalidità civile

Onde elettromagnetiche cellulari

O perbacco: la notizia ha sconfinato le Alpi, approdando persino sul Tg1. E allora, apriti cielo, se ne sta parlando da alcuni giorni: il Tribunale di Tolosa ha sancito il riconoscimento di invalidità civile (più l’accompagnamento) ad una donna francese affetta da Elettrosensibilità, nuova malattia da società occidentale informatizzata (il lato oscuro del Digital divide e della Banda Ultra Larga! Una sorta di ‘allergia’ alle radiazioni da Wi-Fi, cellulari, Pc, ripetitori-antenne di telefonia mobile, che costringe a scappare, ritirandosi dalla società, per scongiurare violente e dolorose reazioni infiammatorie del corpo in rivolta) che l’establishment medico-scientifico-istituzionale fatica a riconoscere, nonostante l’evidenza di casi in esponenziale crescita e studi indipendenti come il lavoro della Commissione Internazionale per la Sicurezza dei Campi Elettromagnetici (ICEMS).

Ma l’ultimo verdetto è un dato di fatto col quale bisogna per forza misurarsi, e che fa il paio con la sentenza d’appello del Tribunale di Brescia, confermata in Cassazione, che in nome del popolo italiano nel 2012 ha decretato l’esistenza del nesso causale tra l’uso prolungato del telefonino e l’insorgenza di masse tumorali.

Imbarazza che, ancora una volta, il monito arrivi quindi dai togati e non dall’OMS, dallo IARC o da politiche governative di precauzione, vocati alla tutela della salute pubblica dall’indiscriminato utilizzo di apparecchiature a emissione di onde elettromagnetiche, in dote persino ai bambini come fossero giocattoli. Ma a dire il vero, la cosa non mi sorprende più di tanto se, al netto di astruse tesi complottistiche, penso ai continui richiami su trasparenza e assenza di conflitti di interesse degli operatori decisionali oppure al fatto che nelle casse dello Stato piovono proventi delle concessioni d’uso delle frequenze cedute ai gestori delle compagnie telefoniche. In ballo ci sono business vertiginosi, ma pure l’interesse del benessere della cittadinanza. Questo il punto: come coniugare progresso tecnologico con la prevenzione verso nuove patologie altamente invalidanti.

Fin dove si continuerà ad avere la spregiudicata ostinazione di negare l’evidenza? Quando ci si deciderà a demarcare un punto di non ritorno (Renzi è pronto ad innalzare la soglia d’esposizione a 61 V/m?) visto che molteplici segnali cumulativi (Tolosa non è un indizio, ma un precedente!) ci dicono chiaramente che il filo s’è spezzato da tempo? E che non c’è poi tanto altro tempo da attendere? L’ubiquitaria e tutt’altro che precauzionale presenza di campi elettromagnetici artificiali e nocivi per l’umanità (e non solo!), rappresenta un grosso limite alla personale libertà di scelta sulla gestione della propria vita e della propria salute. Come la vicenda della giovane francese in fuga sulle montagne dei Pirenei ci insegna, anche in Italia c’è un mondo sommerso di elettrosensibili che tra l’indifferenza generale fugge dall’elettrosmog, attendendo il riconoscimento dei più elementari diritti del malato (per altro, disattesi proprio dagli stessi soggetti ‘inquinanti’). E’ ora di fare chiarezza, senza ambiguità: anche gli elettroscettici dovranno farsene una ragione, visto che in ballo c’è la salute di tutti (e non solo di quanti, ad oggi, sono già finiti dentro la ragnatela del male). Ma perché devono essere sempre i giudici a ricordarcelo?