Cronaca

Ordinanze, la pazza estate dei divieti: così la burocrazia arriva fino in spiaggia

A Orbetello un avviso invita tedeschi e inglesi a non abbandonare i mocassini in spiaggia ("boats shoes"). Del resto a Capri una disposizione del '63 vieta ancora oggi l'uso degli zoccoli di legno, il "giradischi" e pure le "macchine a gettone per la riproduzione fonografica”. A Venezia, dopo 60 anni e in piena estate, un atto cambia le denominazioni di moli, banchine e canali. Un rebus per i turisti. Ad Alghero si scomoda la Convenzione internazionale sugli abbordi in mare (sic!) per avvisare del pericoloso sbarco dei bancari. Così, un profluvio di atti copre l'estate italiana di ridicolo

Mai abbandonare i mocassini in spiaggia, guai. Lo vietano i cartelli lungo il litorale di Orbetello che, tradotti, suonano più o meno così: “Pagamenti barche scarpe. Varia l’equipaggiamento-negozio, sdraie e ombrelloni nel corso del tempo nuotare”, in tedesco. Il turista straniero sta sotto il sole col naso all’insù, a codificare quel testo riportato su centinaia di pali che tappezzano le vie di accesso al mare di una località tra le più gettonate della Maremma. Ma siamo a Orbetello o siamo a Babele? Con l’inglese non va meglio: “Sulla spiaggia vietato depositare barche-scarpe, accessori per negozi, sedie e ombrelli durante il tempo nuotare…”. Barche-scarpe? Sì, barche-scarpe. Il fatto è che qualche zelante impiegato del Comune, costretto a tradurre l’avviso, ha preferito la creatività al dizionario, infilando sotto una dicitura perentoria (“Achtung!”) uno strafalcione via l’altro. Alcuni turisti fotografano la scritta, altri digitano “boats shoes” sullo smartphone: mocassini?

Quei cartelli, e chissà quanti altri, sono il prodotto dell’italica burocrazia che si cimenta nel tentativo di codificare gli avvisi estivi rivolti a “turisti e naviganti”, ammonendoli di rischi e comportamenti da tenere per garantire la convivenza e l’incolumità di chi affolla le località turistiche. Chi si stupisce, poi, se gli stranieri fanno tutto il contrario? La fantasia si sprigiona nelle migliaia di ordinanze che vengono emanate ogni anno dai 693 comuni costieri d’Italia. Dove tutto diventa possibile. Perfino l’equivoco sui mocassini. In fondo a Capri, dal lontano 1960, è in vigore un’ordinanza che vieta gli zoccoli di legno perché fanno troppo rumore. Sull’isola campana, per un’ordinanza del ’63 ancora in vigore, sono poi banditi il “giradischi” e le “macchine a gettone per la riproduzione fonografica”, nel frattempo ribattezzati nel modo come juke-boxes. In provincia di Savona è vietato mangiare nelle aree comunali di Alassio e sdraiarsi nelle aiuole ad Albisola Marina. A Sorrento gli artisti di strada non possono sostare nello stesso punto più di 15 minuti e i ristoratori non possono avvicinare i turisti per invitarli a sedersi con “forma petulante e molesta”. A Viareggio non si possono poggiare i piedi sopra le panchine.

L’industria dell’ordinanza funziona tutto l’anno ma d’estate segna il picco di produzione. Il sito ufficiale della Guardia Costiera ne riporta centinaia, suddivise in quattro categorie: gli avvisi di pericolosità, quelli di evidenza, le manifestazioni sportive, la sicurezza della navigazione e portuale. Segue menù a tendina con tutti i comuni e decine e decine di pagine di avvisi per ciascuno. Lo strumento, va da sé, vorrebbe fornire un quadro il più possibile completo e aggiornato, così da aiutare residenti, turisti, bagnanti, naviganti vari a non incappare in situazioni di pericolo come i tratti di mare chiuso, i lavori di dragaggio, o “temporanee inibizioni” del passaggio e della balneazione, come in occasione della festa del santo patrono di turno etc etc. Per ciascuno il comune o l’autorità emanante ha affisso anche puntuale comunicazione in loco, e chissà con quali esiti si sono ricordati degli stranieri. Eccone alcune, decisamente singolari.

L’ordinanza toponomastica
È una sottocategoria della specie. La capitaneria di porto di Venezia ne ha appena sfornata una che sembra fatta apposta per far perdere i turisti o provocare il mal di mare ai locali. Con l’atto viene abrogata l’ordinanza n.730 del 1953, praticamente un reperto, che per oltre sessant’anni ha dato i nomi a moli, banchine e canali. Nessuno sa perché, l’atto non lo precisa, ma ora tutto è cambiato: la banchina S. Basilio, per dire, diventa “Alessandro di Ciò”, quelle del cotonificio e dei Magazzini generali diventano “Banchina S. Marta” e via dicendo, in un vorticoso rincorrersi di denominazioni che si invertono l’un con l’altra. Per gli amanti del genere, c’è anche lo scioglilingua: “La banchina di levante del Molo di Levante diventa “Isonzo”, la banchina di ponente del Molo di Ponente diventa banchina Tagliamento”. Auguri.

Avvistamento squali?
Dal pozzo delle ordinanze esce sempre qualche sorpresa. Alcuni avvisi, sulle prime, non sembrano di pubblica utilità. Poi sono più preziosi dell’avvistamento degli squali. Un esempio arriva dalla Sardegna. Il primo agosto scatta un’ordinanza, su carta del Ministero delle Infrastrutture, emessa dall’Ufficio Circondariale marittimo di Alghero. Pochi giorni prima era toccato al Poetto di Cagliari. Il titolo è “Flash-mob del Banco di Sassari”. Il testo dell’atto non spiega di più, ma inanella una serie di divieti e prescrizioni che preludono al peggio. Tre pagine richiamano, in ordine: la Convenzione internazionale sugli abbordi in mare del 1972, l’ordinanza sulla Sicurezza balneare dell’anno prima, quella sulla Disciplina del diporto nautico, gli art. 2, 17, 30, 81 del Codice della navigazione. Seguono multe per i trasgressori e firma del comandante. La “gradita sorpresa” si rivela ai bagnanti solo alle 11 in punto quando, dal mare, si vedono arrivare incontro un’orda di consulenti di banca in costume mentre collaboranti a terra, al momento dello sbarco, sventolano bandiere bianche e blu: “Servono liquidi?

Sì, lo sbarco ad Alghero era un evento promozionale per la nuova campagna prestiti, a beneficio di clienti senza più via di fuga: in spiaggia volano brochure promozionali e contratti, la via d’acqua è interdetta dal divieto di “navigare, ancorare e sostare con unità da diporto”, “praticare balneazione”, “effettuare attività di immersione con qualunque tecnica”. Sì, servono liquidi. Alcolici però.

Libero cane in libera spiaggia (forse)
Poi uno si chiede, ma le cose utili e semplici no? Nella stagione estiva una delle cose più ricercate, controverse e diversamente regolate d’Italia è l’accesso in spiaggia coi cani. Un tormentone per chi li ha, costretto a difendere il diritto al puccio di Fido da bagnanti che lo guardano in cagnesco. Ci sono infinite ordinanze sul caso, poi smentite o confermate da ricorsi, sentenze e controricorsi. I Tar di Lazio e Campania si sono appena pronunciati sul tema stabilendo il principio: “libero cane in libera spiaggia”. Ma questo vale per i Comuni di Anzio e Salerno che avevano deliberato in senso contrario, e tocca vedere se altre amministrazioni recepiranno le decisione. Posto che sul sito della Guardia Costiera si trovano tutte, è impensabile che un turista si metta a spulciarle una a una, naufragando alla rinfusa tra centinaia di avvisi. Sul sito non è però possibile fare una ricerca per parola chiave. Se digiti “cane”, per dire, escono solo rimandi all’archivio delle notizie che segnalo iniziative spot di alcuni comuni cinofili che abbattono, magari solo per un periodo, il recinto dei bagnanti a quattro zampe.