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Serendipity, l’intuizione casuale non è solo al cinema. Ecco come funziona

Una ricerca italiana spiega come fa il cervello a raggiungere un obiettivo mentre ne persegue un altro totalmente diverso

Chi non ricorda il film Serendipity – Quando l’amore è magia? Kate Beckinsale e John Cusack ci hanno incollato al televisore con la loro storia d’amore unita dal caso.

Adesso parlare di ‘serendipità’ non sarà più cosa da creduloni: sono state, infatti, individuate scientificamente le basi neurali. Che cos’è la serendipità? E’ la capacità di fare scoperte inaspettate mentre si sta cercando qualcosa di totalmente diverso. Se ancora non ci credete ecco qualche esempio che ha addirittura cambiato il mondo. Cosa sarebbe successo se Cristoforo Colombo non avesse scoperto l’America mentre cercava le Indie o se la compagnia farmaceutica Pfizer non avesse trovato la formula del Viagra mentre tentava di trovare un farmaco per curare l’angina pectoris, un dolore addominale?

Alcuni ricercatori della Sapienza di Roma, coordinati dal docente di Neuropsicologia Fabrizio Doricchi, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma, ha scoperto che la serendipity dipende da un meccanismo cerebrale che potenzia l’osservazione cosciente.

A creare il neologismo fu lo scrittore inglese Horace Walpole. Il termine, che deriva da serendip, antico nome persiano dello Sri Lanka, fu usato in una lettera scritta il 28 gennaio del 1754 ad un suo amico che viveva a Firenze. Una prima definizione del fenomeno era stata data, invece, dal fisiologo Walter Bradford Cannon come “la facoltà di trovare le prove a sostegno di un’ipotesi in modo del tutto inaspettato, o la capacità di scoprire nuovi fenomeni o relazioni tra fenomeni diversi senza avere avuto l’esplicita intenzione di scoprirli”.

Attraverso lo studio dei potenziali elettrici cerebrali ora il gruppo di ricercatori ha pubblicato su ‘Cortex‘ un lavoro su come la capacità di elaborare coscientemente degli stimoli visivi aumenta se l’osservazione attiva del mondo esterno non è guidata da aspettative probabilistiche e temporali rigidamente definite.

“La serendipità sembra quindi prodursi – spiega Doricchi – quando l’attenzione di un osservatore attivo non è strettamente focalizzata su ciò che, in base all’esperienza di eventi passati coscientemente percepiti, ci si aspetta di osservare in futuro”. Per fortuna Colombo ha scoperto l’America anche senza saperlo.