Diritti

Gli eterosessuali Lgbtqi e l’Italia che cambia

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Un fenomeno in netto aumento, dice Michele Coletta di Famiglie Arcobaleno, associazione di famiglie omogenitoriali (ossia composte da due genitori dello stesso sesso). Il “fenomeno” riguarda le persone eterosessuali impegnate nei diritti LGBTQI. “Su 1000 famiglie nostre iscritte, almeno 25 sono eterosessuali – continua. C’è chi si iscrive perché è una donna single eterosessuale che, come monogenitore, si sente più vicina a noi che a una coppia di genitori eterosessuali; chi, pure eterosessuale e in coppia, cerca informazioni per seguire il nostro stesso percorso, la procreazione assistita all’estero, dato che l’eterologa è vietata in Italia. Ma la maggior parte si iscrive per sostenerci, per solidarietà con quelle famiglie, le nostre, che pur avendo pari doveri delle famiglie eterosessuali, non hanno gli stessi diritti”. Chapeau, non c’è che dire.

Che il fenomeno sia in aumento lo testimoniano anche altre associazioni a tematica LGBTQI, come per esempio Edge, lobby LGBTQI formata da manager, imprenditori e professionisti, che oggi è arrivata a vantare un buon 5% di persone eterosessuali attiviste: “Io sono eterosessuale – dichiara Annarita Gennasini, giornalista e imprenditore nella comunicazione – e mi sono iscritta a Edge come atto doveroso di impegno sociale e civile. Ci tengo moltissimo, perché credo che questa sia la battaglia per i diritti umani del secolo. Milioni di miei coetanei non possono vedere riconosciuti i loro diritti senza motivo alcuno: è impensabile nell’Italia del 2015”.

Alessandra Rotondi, operatore della Gay Help Line del Gay Center, cui fanno capo Arci Gay Roma, Arcilesbica Roma e Azione Trans, racconta: “Sono eterosessuale ma ho scelto di fare volontariato per sostenere le persone gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali. Esistono eterosessuali non omofobi che anzi percepiscono le persone LGBTQI come cittadini qualunque, e per questo si impegnano a difendere i loro diritti negati: al mondo, non ci sono persone di serie A di serie B”.

In Rete Lenford, Associazione di avvocati impegnati a difendere i diritti delle persone LGBTQI, “la percentuale dei professionisti eterosessuali impegnati (e iscritti) si aggira intorno al 20%”, dichiara la presidente, Maria Grazia Sangalli. Valentina Ciaramella, ad esempio, avvocato di Rete Lenford e impegnata al fianco di Imma Battaglia (Consigliere Comunale a Roma e leader dei diritti LGBTQI), lo spiega così: “Sono eterosessuale ma amo la libertà, e non sopporto che venga negata a chicchessia. Nessuno può dire ad altri come vivere la propria vita”. Idem Francesca di Muzio, avvocato penalista di RL e direttore di un centro antiviolenza: “Sono da sempre impegnata nei diritti umani e attualmente sono referente di un progetto pilota che tutela le vittime di violenza in coppie LGBTQI. Credo che schierarsi dalla parte dei più deboli, di qualunque minoranza si tratti, sia un dovere di ogni cittadino. I diritti negati sono un crimine contro l’umanità. Sono eterosessuale, ma il mio orientamento che c’entra?”. A Firenze, poi, c’è lo Studio Adorni Braccesi, dove la Cecilia Adorni Braccesi, elegante signora di mezza età ed eterosessuale convinta, è specializzata in diritti delle famiglie LGBTQI: “Questione di civiltà – dice. Siamo in una nuova Era, non si può restare nel Medioevo”.

E poi c’è la coppia (in scena e nella vita) di attori Michela Andreozzi e Massimiliano Vado che hanno addirittura dichiarato al Sindaco di Roma Marino, che li ha uniti come coppia “01” il 21 maggio, giornata dedicata alle unioni LGBTQI in Campidoglio, che non si sarebbero sposati finché anche le persone omosessuali non avessero avuto lo stesso diritto: “Noi non consideriamo sano e giusto vivere in un paese in cui tutti hanno gli stessi doveri ma non gli stessi diritti. Mi fa orrore che se uno muore, l’altro non può ereditare la pensione del compagno, o se ci si ammala, assistersi in ospedale diventa un problema: solo perché si è dello stesso sesso? Per non parlare delle adozioni. Come si fa a vivere in un paese così incivile? Perfino mio padre, ed era un’altra generazione, si è a profondamente impegnato per sostenere i diritti delle persone LGBTQI”.

Anche all’Università ci sono ricercatori e professori impegnati sul tema, pur eterosessuali. Come Giovanna Vingelli, professore all’Università della Calabria ed esperta in “gender studies”, o Carlo d’Ippoliti (La Sapienza, Roma). L’economista Fabrizio Botti, ricercatore all’Università di Perugia, nello specifico dichiara: “Mi considero un militante LGBTQI. La mia scelta è politica, certo, ma anche scientifica, dato che, nella mia materia, lo studio dell’infondatezza dello stereotipo dell’agiatezza omosessuale è molto attuale. Diciamo che miro a decostruire il mito del gay ricco, che in realtà tende più o meno consciamente a soffocare le rivendicazioni della comunità LGBTQI. Su scala mondiale, in realtà, le persone omosessuali versano in condizioni di povertà ed esclusione sociale estremamente maggiori rispetto alle persone eterosessuali, e tali svantaggi sono particolarmente acuti per chi non ha fatto coming out: in sostanza, la visibilità possono permettersela solo le persone omosessuali relativamente benestanti. Il pericolo è di promuovere interventi di policy inadeguati proprio rispetto alle esigenze delle persone più svantaggiate. Insomma, bisognerebbe avere il coraggio di andare oltre le pur sacrosante battaglie per i diritti civili”.

Così come nel servizio “Sei come sei” della Facoltà di Psicologia de La Sapienza di Roma, dedicato alle problematiche LGBTQI, lavorano professionisti eterosessuali: la prof. Silvia Mazzoni, una di loro, racconta il suo percorso: “Sia in “Sei come sei” che all’Accademia di Psicoterapia della Famiglia, dove sono terapeuta familiare didatta, seguo da anni famiglie ricostituite, adottive, ricomposte, etc. Quando si sono aperti questi nuovi scenari, ossia delle famiglie omogenitoriali, ero pronta. Per il semplice fatto che ogni famiglia ha le sue peculiarità, e l’orientamento sessuale o la genetica c’entrano poco o nulla con le risorse che le coppie sono in grado di mettere in campo”.

Orgogliosamente eterosessuale, Catia Tomasetti, Presidente Acea, ha sfilato – con altrettanto orgoglio, all’ultimo Gay Pride di Roma sorreggendo lo striscione della sua azienda, mentre Gianluca di Girolami, Presidente UISP (Unione Italiana Sport per Tutti), è un fervente sostenitore della campagna LGBTQI “Lo stesso sì”: “Non so rispondere al perché, da eterosessuale, sostengo i diritti gay. Mi pare inconcepibile negare ad alcuni cittadini dei diritti, soprattutto nell’ambito dell’espressione dell’affettività privata, così essenziale per il benessere personale e collettivo. Chiunque ha a cuore la democrazia di una società non può non schierarsi. Non occorre essere il portatore di una discriminazione per combatterla. Ogni cittadino testimone di un diritto negato deve intervenire”.

Lucidissima la bioeticista Chiara Lalli, simbolo dell’Italia più laica e inclusiva: “Non ha senso che i neri combattano per i neri, le donne per le donne e i gay per i gay. Dovremmo parlare di uguaglianza di diritti punto. In Italia non c’è, quindi occorre combattere, tutto qui. E basta col discorso che l’omosessualità non è naturale, che le famiglie omogenitoriali non sono naturali: la natura come elemento descrittivo non può essere trasformata in elemento normativo, è semplice! Oppure dovremmo farlo per tutto, e allora tutti a sputare farmaci e medicine, che di naturale non hanno proprio nulla!”

Si potrebbe continuare, ma il punto è chiaro: l’Italia si sta svegliando. La società civile, tutta, sta aprendo gli occhi, e, sempre di più, si sta accorgendo che nessuno è libero se non si è liberi tutti. Che non si evolve se la democrazia non è piena, se la società non è unita, se ci sono degli esclusi. I neri, le donne, i gay: le minoranze hanno insegnato alla Storia mondiale che il progresso è inclusivo, che le differenze sono una ricchezza così come la parità dei diritti, che l’ingiustizia sociale è una piaga al pari della povertà. Che non si cresce sulle miserie di pochi. Quando le percentuali su elencate diventeranno 50, 70, 100%, quando ogni cittadino e cittadina si ribellerà alle caste sessuali, e tutte le persone eterosessuali individueranno come un personale diritto leso quello della mancanza di riconoscimento delle persone LGBTQI, allora l’Italia sarà un paese civile, degno di entrare nel corso della storia dell’evoluzione della specie umana.