Cronaca

Suora patteggia pena pecuniaria di 2mila euro: aveva prodotto genziana in convento

E' successo all'Aquila, dove nel 2014 i Nas hanno applicato l’articolo 18 del regolamento Ce numero 178 del 2002 e portato in tribunale la religiosa, colpevole di aver fabbricato nell'istituto religioso liquore senza etichetta e quindi non tracciabile. Un anno fa la vicenda aveva scatenato la reazione del web con l'hashtag #savethegenziana

La suora che produceva genziana illegale patteggia una pena pecuniaria di 2mila euro. Finisce così la vicenda dei 111 litri di liquore fatto in casa nel convento di San Gregorio, una frazione dell’Aquila. La pregiata bevanda era stata prima sequestrata e poi distrutta a seguito di un blitz dei carabinieri del Nas nei locali della casa famiglia gestita dalle religiose. Una decisione che qualche mese fa aveva provocato la reazione indignata del popolo del web, che sperava di salvare le pregiate bottiglie di elisir con un passaparola che ha invaso la rete al grido #savethegenziana. Oggi la conclusione, con il patteggiamento e una sanzione pecuniaria (pena sospesa) a carico di una delle consorelle, finita indagata per la produzione di questo nettare “proibito”. Secondo le normative italiane e comunitarie, infatti, è illegale la produzione di liquori senza etichetta, in quanto non tracciabili.

Le quattro suore zelatrici del Sacro Cuore, che gestiscono la struttura con un regolare permesso di somministrazione di alimenti, avrebbero dichiarato che le bottiglie di genziana erano per uso personale, ma a nulla è valso. Alla fine, il liquore alla genziana è andato distrutto e a una di loro è toccato anche il tribunale. “Siamo stati costretti a patteggiare per non esporre al pubblico ludibrio le suore che svolgono una funzione sociale importantissima con l’assistenza ai disabili e agli ultimi, perché su questa vicenda ci potevamo essere fraintendimenti”, ha dichiarato l’avvocato Alessandra Ferrante, “noi pensiamo di aver ragione, non si può parlare di cattiva conservazione degli alimenti e non c’era vendita dei prodotti dell’orto né della genziana, che si consumava in famiglia”.

Insieme alla bevanda incriminata, la dura mano della legge si è abbattuta anche su 48 litri di limoncello, 8 di liquore al limone-arancio, 6 di liquore al caffè, 30 chili di ortaggi e tre chili di miele. Tutti prodotti casalinghi sprovvisti di etichetta. A destinare alla distruzione tanto “ben di Dio” è stata l’applicazione dell’articolo 18 del regolamento Ce numero 178 del 2002, che ha decretato la fine senza appello dell’amato liquore dal colore giallo arancio, tanto noto nel centro-sud Italia per il suo sapore intenso e per le proprietà digestive. “Non si può fare altro, l’autorità comunale non ha alternative”, aveva detto il vicesindaco dell’Aquila Nicola Trifuoggi, “anche se da amante della genziana ammetto che sia un peccato”.