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Usa, fine del Patriot Act. Da Senato stop a legge antiterrorismo e intercettazioni

E' una vittoria di Rand Paul, il repubblicano libertarian candidato alla presidenza nel 2016, che si è battuto contro i poteri di ingerenza delle agenzie federali nelle vite dei cittadini. Decadono la clausola che permette la raccolta indiscriminata di dati delle telefonate e il potere di indagare senza mandato i “lupi solitari”, presunti terroristi non legati ad alcun gruppo

I larghissimi poteri di sorveglianza della National Security Agency (NSA) non ci sono più. Dopo una drammatica seduta notturna, il Senato Usa non ha trovato l’accordo per il rinnovo di parti importanti del Patriot Act, la legge antiterrorismo fatta votare da George W. Bush dopo l’11 settembre. Alle 12.01 di lunedì è andata in scadenza la clausola che permette la raccolta indiscriminata di dati delle telefonate degli americani, così come altri importanti poteri di indagine della Fbi. Nei prossimi giorni, forse già mercoledì, si arriverà a una nuova legge, ma il dato politico è davanti agli occhi di tutti. Per la prima volta, da decenni, l’allarme sicurezza non viene ascoltato e vincono le preoccupazioni legate alla privacy.

“Volete tracciare i sospetti di terrorismo? Ottenete un mandato!”. Questa una delle frasi lanciate dagli scranni del Senato da Rand Paul, il repubblicano libertarian, candidato alla presidenza nel 2016, che ha guidato una battaglia pressoché solitaria contro il Patriot Act e contro larghi settori del suo stesso partito. Da anni Paul critica i poteri di indagine e di ingerenza delle agenzie del governo federale nelle vite dei cittadini. Il suo individualismo libertario ha trovato un’occasione privilegiata di espressione proprio in occasione del rinnovo del Patriot Act. Paul – coadiuvato da due democratici, Ron Wyden e Martin Heinrich – ha più volte preso la parola, si è lanciato in lunghe ed estenuanti schermaglie procedurali, non ha smesso di battere sulla necessità di difendere le libertà minacciate. “Non sono più disposto ad accettare gli abusi della sorveglianza – ha detto -. E, come me, non sono più disposti ad accettarlo gli americani”.

Per settimane il presidente Barack Obama, il capo della CIA John Brennan e quello della National Intelligence, James R. Clapper Jr., hanno chiesto il rinnovo del Patriot Act. I veri nemici di Rand Paul sono però stati i suoi compagni di partito, quei repubblicani che da George W. Bush in avanti hanno costantemente alimentato gli allarmi anti-terrorismo e la necessità di ampi poteri di indagine e controllo. In particolare, in questa occasione, il nemico numero uno di Paul è stato il vecchio senatore John McCain. “Ho sempre sostenuto che il senatore Paul sarebbe il peggior candidato alla presidenza per i repubblicani”, ha detto McCain nell’aula del Senato. “E’ ovvio che per il senatore Paul sono più importanti le sue ambizioni politiche, e la raccolta di finanziamenti, che la sicurezza della nazione”, ha aggiunto. Paul non si è scomposto. Ha continuato nella sua estenuante tattica di ostruzionismo, arrivando anche a lanciare accuse pesantissime nei confronti dei compagni di partito. “Alcuni di loro sperano segretamente in un attacco terroristico contro gli Stati Uniti, in modo da potermi biasimare”.

Tra le clausole scadute con il 31 maggio, c’è anzitutto la possibilità per la National Security Agency, prevista dalla Sezione 215 del Patriot Act, di raccogliere enormi quantità di metadati relativi alle telefonate degli americani. Ma in soffitta finiscono anche altri importanti poteri di indagine dell’FBI. Per esempio, quello che permette di tracciare il nuovo numero di telefono di un sospetto terrorista senza ottenere un mandato; o il potere di indagare senza mandato i cosiddetti “lupi solitari”, presunti terroristi non legati ad alcun gruppo; o ancora, la possibilità di ottenere informazioni su tutta una serie di transazioni commerciali non immediatamente legate a un’indagine. Se questi poteri sono stati più volte definiti “essenziali” dall’amministrazione Obama, un rapporto del Dipartimento alla Giustizia ha rilevato che “la raccolta così massiccia di dati non ha portato ad alcun sviluppo determinante nelle indagini anti-terrorismo”.

A questo punto, comunque, non si torna più indietro. Consegnato al passato il Patriot Act, almeno nella forma conosciuta sinora, il Senato nelle prossime ore si troverà a considerare lo USA Freedom Act già passato alla Camera. E cioè, una legge che trasferisce il controllo sui dati delle telefonate degli americani dalla National Security Agency alle società telefoniche. Toccherà di volta in volta alla NSA rivolgersi alle società telefoniche per ottenere dati relativi a un’indagine. Il senatore Paul si è dichiarato contrario anche a questa possibilità – “Piano piano, permettiamo che le nostre libertà scivolino via”, ha detto – ma è indubbio che il nuovo ordinamento porrà limitazioni sinora sconosciute alla NSA e alle altre agenzie di intelligence. Per ottenere dalle società telefoniche elementi utili a un’indagine, gli investigatori americani dovranno infatti giustificare la loro richiesta, e ottenere l’ok, della “Foreign Intelligence Surveillance Act Court”.

Si tratta, per l’appunto, di un dato storico. Per la prima volta, almeno a partire dal 1978 e dopo l’accelerazione provocata dall’11 settembre, i poteri di indagine e polizia delle agenzie americane subiscono uno stop. Per la prima volta, da anni, le preoccupazioni legate alla privacy, al rispetto delle libertà civili, alla sfera più intima dei cittadini, hanno il sopravvento su quelle legate alla sicurezza e alla lotta al terrorismo. Sono passati quasi due anni dal momento in cui Edward Snowden rivelò la trama di controlli e ingerenze della NSA e il paesaggio, politico e civile, appare ormai irrimediabilmente cambiato.