Scienza

Aspettativa di vita, Lancet: “Una stretta di mano per capire quanto vivremo”

Lo studio, condotto da un team di ricercatori canadesi della McMaster University, coordinato da Darryl Leong, sostiene che “il ridotto tono muscolare di una stretta di mano può essere associato a un maggiore rischio di mortalità, in particolare per cause cardiovascolari”

Si può intuire la durata di una vita dall’intensità di una semplice stretta di mano? Stando a un’indagine appena pubblicata sulla più prestigiosa rivista medica al mondo The Lancet, si tratta di una possibilità concreta. Lo studio, condotto da un team di ricercatori canadesi della McMaster University, coordinato da Darryl Leong, sostiene che “il ridotto tono muscolare di una stretta di mano può essere associato a un maggiore rischio di mortalità, in particolare per cause cardiovascolari”.

Un medico curante, pertanto, potrebbe farsi già un’idea dello stato di salute del proprio paziente fin dalla stretta di mano di saluto, prima ancora di visitarlo. I ricercatori canadesi, grazie a un dispositivo chiamato dinamometro, hanno misurato il vigore della stretta di mano di 140mila volontari di età compresa tra i 35 e i 70 anni, provenienti da 17 differenti Paesi, tra cui Nazioni più ricche come Svezia, Canada ed Emirati Arabi Uniti, o povere come Zimbabwe, Bangladesh e Pakistan. I volontari sono stati monitorati per un periodo di quattro anni, durante il quale gli studiosi hanno annotato il numero di decessi.

Nel corso della loro ricerca gli scienziati hanno misurato, nella presa dei volontari, una forza media di 300 Newton, pari, cioè, a quella necessaria a sollevare un peso di poco più di 30 chili. I ricercatori hanno, inoltre, osservato che ogni 50 Newton al di sotto del valore medio misurato corrispondeva a un aumento del rischio di morte del 16%. In particolare, il decesso per patologie cardiovascolari aumentava del 17%, e per ictus del 9%.

Gli stessi autori sottolineano, comunque, che non si tratta di un metodo utilizzabile per tutte le patologie. “Non sono state, ad esempio, trovate correlazioni – scrive The Economist in un articolo di commento allo studio – con i ricoveri ospedalieri per polmonite, o i casi di diabete. Né, stranamente – aggiunge il periodico britannico -, con le morti per cadute o lesioni, nelle quali la debolezza muscolare dovrebbe giocare un ruolo diretto”.

“Il tono muscolare – sottolineano gli scienziati su The Lancet – resta un buon marcatore del reale processo d’invecchiamento di un individuo. Più semplice ed economico di altri indicatori, come la pressione sanguigna o i livelli di zucchero nel sangue. Tuttavia – precisano gli scienziati canadesi -, il nostro è uno studio osservazionale, più che sperimentale. È, ad esempio, impossibile – concludono – sapere se la debolezza muscolare causi una patologia o, viceversa, sia il sintomo di una malattia già esistente”.

Lo studio su The Lancet