Scuola

La scuola dei disabili nel governo Renzi: i fatti e le chiacchere

Giorni affollati da notizie di mobilitazioni e boicottaggi persino delle prove Invalsi vedono il mondo della scuola protagonista di un braccio di ferro con le promesse di cambiamento annunciate da Renzi.

A qualcuno forse potrebbe anche interessare il destino dei circa 240.000 alunni disabili accolti per oltre il 92% nella scuola pubblica.

Sicuramente è un tema caro ai loro genitori che stanno completando un anno scolastico iniziato all’insegna della precarietà con un nuovo insegnante di sostegno (oltre 85.000 alunni disabili hanno cambiato e cambieranno il prossimo anno l’insegnante specializzato).

Le previste assunzioni nel sostegno previste da Renzi saranno purtroppo al massimo 16.500, in maggior parte derivanti dalla terza tranche decisa dall’ ex ministro Carrozza (8.905) a cui si aggiungeranno 7.623 posti promessi dal governo in carica.

Questo ultimo contingente di insegnanti coprirà a malapena l’aumento previsto degli alunni disabili che ogni anno si determina e per il prossimo anno scolastico almeno 28.000 cattedre di sostegno mancheranno allo scopo di garantire almeno l’obiettivo di un rapporto di uno a due tra insegnanti e alunni disabili.

Questi sono i numeri, questi sono i fatti.

Altro punto assolutamente evitato dal ddl sulla “buona” (?) scuola è quello, assai sensibile per i processi di inclusione, che riguarda le classi pollaio: infatti come nel gioco delle tre carte, ci saranno efficienti dirigenti che, impossibilitati ad aumentare il numero delle classi, distribuiranno gli studenti tra le stesse con prevedibile peggioramento della qualità dei processi educativi.

I numeri sono impietosi.

A questi numeri l’associazione tutti a scuola da tempo ai governi chiede di rispondere concretamente .

Per farlo Renzi ed il suo governo avrebbero dovuto prevedere:

-di aumentare il numero di classi in presenza di alunni disabili e non di variarne la composizione numerica

-di aumentare almeno a 155.000* unità l’organico di sostegno (nell’ anno corrente è stato di 117.673) stabilizzando i 4.570 incarichi annuali ed i 36.787 contratti a termine

-di affrontare il tema dell’assistentato materiale, competenza esclusiva del Miur , che viene “appaltata” spesso agli enti locali favorendo politiche di sprechi , inefficienze e malaffare nei quali sguazza la politica italiana (vedi scandalo cooperative)

– qualificare la formazione obbligatoria oggi a tutti gli insegnanti in servizio e non solo prevedendola per quelli futuri come ha invece ipotizzato

– definire tempi per la stesura dei PEI (piani educativi individuali) di ogni singolo alunno disabile e prevedere norme sanzionatorie per le scuole che non li rispettano

Purtroppo è molto più suggestivo parlare della scuola dei disabili come di un modello che il mondo ci invidia piuttosto che rimboccarsi le maniche compiendo scelte di politica economica e farla funzionare.

In evidente imbarazzo stanno poi alcuni sindacati che, turbati dalla possibilità di legare ad un ciclo scolastico l’insegnante di sostegno all’alunno come invece saggiamente prevede il ddl Renzi, continuano a evocare una scuola lontana anni luce dai bisogni dei disabili.

La notizia che giunge dall’ufficio scolastico regionale del Lazio che nella circolare 51/14 relativa alle iscrizioni del prossimo anno sottolinea che gli alunni disabili over 18 non avranno diritto all’insegnante di sostegno se nel quinquennio precedente ne hanno potuto disporre, chiude il cerchio di questa opaca realtà che va profilandosi all’orizzonte delle famiglie degli studenti disabili italiani.

Con buona pace del sottosegretario Faraone il prossimo anno per i disabili italiani sarà probabilmente ancora più difficile.

Nonostante nel ddl in questione si auspichi maggiore collaborazione con le famiglie la realtà dei fatti costringerà, come nel presente anno, migliaia di famiglie a rivolgersi ai Tar con grande soddisfazione dei conti in banca degli avvocati .

*questo valore numerico considera gli alunni disabili gravi per i quali la Corte Costituzionale si è pronunciata con chiarezza nel 2010 con la sentenza n.80