Economia & Lobby

Fondi e previdenza integrativa: applausi del Corriere della Sera

È cambiato il direttore del Corriere della Sera, ma non c’è d’attendersi che muti qualcosa, meno che mai per gli articoli sul risparmio o la previdenza. Il direttore di un giornale può imporsi sulla grafica, persino sulla tinta delle pareti o quisquilie simili. Ma comanda la proprietà, cosa anche logica. Fra chi controlla il giornale c’è Banca Intesa-Sanpaolo, per cui esso continuerà ad agire da ufficio stampa dell’industria parassitaria del risparmio gestito. Come capita da anni, spesso in modo subdolo, e come confermano due casi recenti.

Cominciamo con un articolo apparentemente dalla parte del consumatore. Il titolo è infatti “Fondi. In dieci anni su del 50%. Ma c’è la zavorra dei costi” che riduce quel rendimento al 35% (CorrierEconomia 20-4-2015 p. 24), riproposto modificato online. Esaminiamo alcuni frasi, in neretto online, che corrispondono a quelle del tipico venditore di fondi comuni disonesto, ma anche astuto:

Le autrici dell’articolo citano il reddito fisso (bond), ma tacciono con cura che negli ultimi dieci anni chi ha fatto da sé coi Btp ha ottenuto non il 35%, bensì il 60% netto d’imposte e addirittura il 73% coi Btp a 7-10 anni.
Da mesi i fondi comuni, grazie a un’abile campagna di manipolazione dell’informazione, vendono a tutto spiano. Ma dai fondi comuni si può uscire. Per questo Intesa-Sanpaolo come le altre banche spingono verso i prodotti-trappola della previdenza integrativa. E di nuovo il Corriere della Sera fa la sua parte. Il giorno dopo pubblica infatti l’articolo “Lavoro, giovani e crescita. L’importanza dei fondi pensione” a firma Mauro Marè (21-4-2015 p. 31).
Manca qui lo spazio per smontarlo frase per frase, anche perché l’inganno nei confronti dei lettori è a monte, cioè nel non informarli che Marè è a libro paga della Mefop. Ovvero di una società finanziata (anche con soldi pubblici, ahinoi!) per promuovere la previdenza integrativa. Quindi in pieno conflitto di interessi.

Siamo nel solco della tradizione di cattivo giornalismo del Corriere della Sera, che per anni e anni ha propinato ai lettori articoli sui fondi comuni a firma di Giovanni Palladino, regolarmente tacendo che si trattava di un soggetto stipendiato da società venditrici di fondi comuni (Ios, Fideuram, Prime, Arca). Ne Il risparmio tradito ho mostrato che razza di articoli fossero. Cosa che è però facile immaginarsi, anche senza sfogliare il mio libro.