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Calcio, elogio di Alessandro Florenzi

Tu mi chiedi perché ancora vado allo stadio, perché ancora mi piace guardare una partita di calcio, dovunque si giochi.

E’ tutto già deciso. E i calciatori sono solo ragazzi viziati coperti di soldi, che non credono a niente, pronti a tutto pur di guadagnare ancora di più.

Violini, complotti, manette. Partite vendute. Tifosi violenti. Curve dai guanti neri. Presidenti assenti o troppo presenti. Stadi fatiscenti a tutti i livelli, che se giochi tra i dilettanti a momenti manco il bagno.

Ma poi accade quello che è accaduto domenica, più o meno verso le due e venti del pomeriggio, quando un calciatore della Roma, che si chiama Alessandro Florenzi, sì quello che qualche mese fa dopo aver segnato un gol è andato in tribuna ad abbracciare la nonna, recupera un pallone nella sua metà campo. Fa caldo, molto caldo all’Olimpico, quel primo caldo che stronca i calciatori, che tu non ti spieghi perché ma è così: fanno solo quello, come possono essere stanchi! I suoi compagni sono tutti fermi, a difendere in affanno uno striminzito gol di vantaggio dagli attacchi degli avversari, che chissà perché sembrano molto più freschi. Lui non è stanco. Ha cambiato tre volte ruolo nel corso della partita. Dietro, dall’altra parte ma più avanti, lo speaker annuncia la sua sostituzione, no correggiamo non esce, ritorna dov’eri prima ma questa volta ancora più avanti. Ecco, recupera quel pallone a sessanta metri dalla porta. Uno pensa che con le ultime forze rimaste se ne andrà verso la bandierina, a perdere tempo. Invece no. Lui corre verso l’area avversaria, con il viso tirato, che sembra a tratti sorridere. Lo spingono i sospiri dei tifosi che a lui vogliono bene, lo spinge quella maglia che si è scambiato all’intervallo con il suo avversario che ha giocato con lui quando erano bambini, quando questo stadio era solo un sogno da coltivare con la fatica, con le rinunce, con le delusioni, con le incomprensioni, perché tutto questo significa essere un calciatore. Non solo ricchezza, donne, ville e automobili, che poi in fondo toccano a troppo pochi. Lui corre. Non gli sta dietro nessuno. Entra in area. E scarica una bomba all’incrocio dei pali, contro cui nulla può il più bravo portiere giovane d’Italia. E va verso quella curva che forse non lo merita più. Ma lui è un calciatore della Roma e lì deve andare.

Ecco, in quel preciso momento ho pensato a te che non mi capisci. Un’emozione così forte, anche in una partita mediocre, solo il calcio te la regala. Ed io malgrado tutto sono ancora le emozioni che vado cercando. E nessuno più di Alessandro Florenzi nel calcio quest’anno me le ha sapute regalare.

P.s.: complimenti alla Juventus che quest’anno ha vinto lo scudetto più meritato degli ultimi anni anche grazie ad un allenatore che pochi hanno capito.