Politica

Enrico Letta, annuncio a sorpresa: “Mi dimetto da parlamentare, e niente pensione”

"Non mi dimetto dalla politica ma da questo Parlamento". Assente dalla tv da un anno, l'ex presidente del Consiglio a "Che tempo che fa" rivela la decisione di abbandonare l'impegno parlamentare e pure la pensione da deputato. "Voglio vivere del mio lavoro". E sarà quello di rettore a Parigi. Ha informato il Capo dello Stato. Renzi lo apprende in diretta tv

Dal 1 settembre mi dimetto dal Parlamento. Non mi dimetto dalla politica ma da questo Parlamento”. Così Enrico Letta ha annunciato alla trasmissione di Fazio “Che tempo che fa” la rinuncia al suo posto da deputato. E anche alla pensione che ne verrà. “Voglio vivere del mio lavoro”. Che sarà anche quello di guidare la prestigiosa Scuola di Affari Internazionali, facoltà di Scienze Politiche, Parigi. Letta, assente da un anno e tornato per presentare il suo libro “Andare insieme, andare lontani” ha spiegato anche i retroscena minimi delle dimissioni. Ha confidato di averne parlato con il Presidente della Repubblica, non con Matteo Renzi che “lo saprà stasera, come molti nel PD, ma non sarà un problema, siamo sereni nei nostri rapporti”. Riferimento per nulla velato al famoso hashtag #staisereno lanciato su Twitter nel gennaio 2014 dall’allora sindaco di Firenze per “rassicurare” l’allora presidente del Consiglio Letta sul fatto che “nessuno voleva prendergli il posto”. Com’è andata dopo è noto: il 22 febbraio Renzi e il suo governo prestavano giuramento davanti a Giorgio Napolitano. [brightcove]4183771769001[/brightcove]

Letta previene le facili contestazioni dell’annuncio: “Qualcuno dice che prenderò la pensione, non ne prenderò alcuna. Io vivrò del mio lavoro. Sarà un’avventura professionale avvincente, nuova”. Infine ha precisato “non mi dimetto “contro” questo parlamento che ritengo eserciti le sue funzioni. Ho fatto il ministro, il capo di un governo nato in circostanze straordinarie. Penso che essendo stato in quella funzione sia utile che mi rigeneri in altre attività, che sia più utile “fuori”.

Insomma un ritorno col botto vero. Da 13 anni Letta era a tutti gli effetti un “professionista della politica”. Ma quello è il passato, ha spiegato, che non abbandonerà del tutto. “Non ho mai pensato di uscire dal Pd. Ho contribuito a fondare il partito, soffro a vederlo faticare e gioisco quando lo vedo salire nei consensi. Una scissione sarebbe un errore. Questa legislatura, anche per le riforme fatte, ha bisogno di oltre un anno. Penso che si voterà nel 2018″. Futuro e passato s’incrociano in continuazione nel breve incontro a favor di telecamere. “Ricomincio da tre parole: libro, scuola e lavoro. Fanno parte del mio background culturale. Il libro è questo, che presenta un punto di vista su molti temi. La crisi ha fatto tanti danni sociali. Nessuno ne esce da solo. Ho ricevuto tanto, penso che sia utile e necessario ridare. Io penso a una scuola di “politiche”, non di politica”. Sul punto anche il siparietto: “Detesto House of Cards, una politica fatta di intrighi”, dice Letta. “Ma quella preferita di Renzi”, ribatte Fabio Fazio. “Che devo dire, non mi piace”. E da lì il discorso su governo, parlamento e riforme. Con un occhio rivolto al disarcionamento subito dall’attuale presidente del Consiglio.

“Quel cambio di governo era inaspettato e non solo per me”, ha spiegato Letta. “Ma io sono sereno, adesso”. E strappa pure l’applauso. “E’ stato un anno in cui ho potuto pensare a lungo e ho capito che ho ricevuto tanto e che il mio futuro può restituire qualcosa. Non provo alcun rancore, non c’è tentativo di rivincita personale. Non c’è nel libro e nel mio pensiero. Io propongo un punto di vista diverso da un certo conformismo oggi imperante”. E poi l’affondo, sempre con toni garbati, ma tagliente. “Riforme? Certo che servono. Ci sono però cose per cui dovrebbe essere protagonista il Parlamento e non il Governo che dovrebbe solo accompagnare le riforme istituzionali. Serve consenso ma bisogna anche convincere le persone. Il contrario dell’immobilismo non è il dirigismo”. Messaggio chiaro, destinato all’esecutivo di Matteo Renzi.