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Tunisi, fenomenologia di un attacco terroristico

Terrore a Tunisi - Attacco al Museo Bardo

Si sa ancora molto poco dell’attacco a Tunisi e, dunque, stiamo commentando un evento ancora in evoluzione, di cui sembra certo l’esito: 22 persone uccise, di cui 2 locali e 4 italiani, una cinquantina i feriti. Ma potrebbe essere ancora peggio.

L’attacco di oggi segue l’uccisione , avvenuta diverse settimane fa, di esponenti politici tunisini contrari agli islamisti; gli arresti di 32 islamisti a febbraio che annunciavano attacchi spettacolari; l’arresto di oggi di una cellula dormiente del jihad. Ieri alcuni tweet legati a IS rilanciavano “Nuove buone notizie in arrivo per i musulmani di Tunisia e avvenimenti scioccanti per i miscredenti e gli ipocriti”.

Le informazioni riguardano:

– Area obiettivo: zona centrale della capitale Tunisi in cui insiste la sede del Parlamento.

– Il team: la cellula pare composta da 5 elementi, alcuni dei quali indossavano uniformi (efficace modalità di infiltrazione nell’area data la presenza di diversi appartenenti alle forze di sicurezza in funzione di difesa dell’adiacente sede del Parlamento) ed erano armati di armi automatiche.

– Target: fino ad ora il target di opportunità era rappresentato principalmente da appartenenti alle forze di sicurezza locali. L’evento di ieri per la prima volta segna uno probabile shift nel paradigma operativo: da rappresentanti dello Stato (quindi hard target) si è passati ad uno dei tipici soft target: turisti (con effetti di respiro internazionali), presso un museo (sito poco presidiato, facilmente saturabile). Peraltro, l’ultimo attacco perpetrato da militanti all’interno dei confini risale al 2002 contro una Sinagoga a Djerba. Resta tuttavia ancora da chiarire la dinamica del doppio target: il Museo e/o il Parlamento, in cui si discuteva la legge contro il terrorismo. Una legge assai dibattuta perché accusata da diversi esponenti di essere “troppo” dura e “anti costituzionale”: il dibattito stesso lascia trasparire la questione spinosa del terrorismo in Tunisia, per il tema stesso e per i limiti con cui si è in alcuni casi espressa la democrazia tunisina.

– Affiliazione: si ha una certa confidenza nell’attribuire l’attacco a elementi che si richiamano allo Stato Islamico (IS). La Tunisia ha infatti espresso di circa 3000 dei suoi cittadini che si sono integrati nelle fila di ISIS; il tasso di combattenti per IS è di 22 tunisini ogni 100.000 abitanti, il più alto dei paesi nord africani; numerosi sono i returnees che dalla Siria e Iraq rientrano nel paese. In Tunisia peraltro sono presenti due aggregazioni che si rifanno allo IS (Jund al Khalifa e Ansar Sharia): recenti rumors sono emersi in relazione alla volontà di affiliazione di Jund al khalifa all’organizzazione madre: alcuni analisti ritengono che l’attacco si possa inquadrare in un tentativo di manifestare con i fatti tale volontà. Peraltro il gruppo Jund al Khalifa ha la medesima sigla di un movimento che si è già affiliato con lo IS ovvero Jund al Khalifa Jazahiri (Algeria) responsabile tra l’altro della decapitazione del francese Hervé Gourdel a fine ottobre 2014. Sono altresì presenti in Tunisia militanti che sono vicini alle linee operative della al Qai’da nel Maghreb Islamico. Infine, è chiara l’influenza in termini di opportunità e supporto fornita dal ramo libico di IS.

In conclusione: è troppo presto per tirare le somme ma è confermata certamente la strategia di espansione verso ovest di IS, anche solo attraverso azioni di zombie e piccole cellule indipendenti, tesa a destabilizzare al massimo i paesi del Nord Africa. Una azione che porta la minaccia, in aumento e perdurante, del terrorismo a due bracciate dalle coste europee.

La storia dei prossimi attacchi è probabilmente già scritta e assai vicina.​